Il Messaggero, 7 luglio 2018
Le sette statue di Tivoli
E dimmi che non vuoi morire. Un titolo evocativo dell’estro di Patty Pravo e Vasco Rossi che rende davvero onore alla bellezza archeologica. La mostra è in effetti un evento: da oggi le sale colossali del Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli svelano per la prima volta dalla loro scoperta (era l’estate del 2012 a Ciampino, alle porte di Roma) le statue di Ovidio, le sette creature di marmo di languida e commovente bellezza, di oltre due metri d’altezza, che illustrano il tragico mito di Niobe riaffiorate quasi del tutto integre (seppur corrose dalla terra acida) in quella che viene considerata dagli studiosi la villa di Marco Valerio Messalla Corvino. Come raccontano tutti i libri di letteratura classica, fu mecenate del leggendario cenacolo dei grandi poeti latini di Augusto, a partire da Ovidio, assiduo frequentatore del circolo a tal punto da rimanere, chissà, ispirato dall’intensità espressiva di queste statue. Capolavori che dopo il restauro, diventano visibili.
IL BIMILLENARIOL’impresa, non da poco, è tutta del direttore del polo tiburtino statale, Andrea Bruciati, che ha saputo costruire un percorso espositivo di classe e intelligenza, sulla scia dell’anniversario del bimillenario di Ovidio, ripercorrendo il mito greco di Niobe e dei Niobidi nella storia dell’arte. La regina di Tebe, madre di sette fanciulle e sette giovanetti, assiste alla carneficina dei suoi figli per aver osato irridere la dea Latona e i suoi due figli, Apollo e Artemide, e si trasforma, come racconta Ovidio, in una pietra che lacrima acqua. Un fil rouge, curato anche da Micaela Angle, che attraversa il Rinascimento e l’epopea contemporanea, da Polidoro da Caravaggio a Giulio Paolini. Ma il viaggio nel mito offre tante sorprese, care alla cultura multiforme di Bruciati: «Il progetto propone infatti un percorso non limitato all’esperienza visiva – racconta – ma che si arricchisce di addentellati letterari, musicali, simbolici ispirandosi alla poesia stessa di Ovidio. Ne deriva una sorta di opera d’arte totale contemporanea, dalle radici antiche». Uno spettacolo visibile fino al 23 settembre. E un traguardo ideale, è il caso di dirlo, anche per la giovane archeologa Aurelia Lupi che riportò alla luce le statue. Ovidio ringrazia.
L. Lar.