Corriere della Sera, 7 luglio 2018
Trovato l’orologio della spia
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME Anche i siriani ormai dicono di non sapere più dove sia seppellito, quando è stato impiccato in piazza a Damasco, al potere non c’era ancora il clan degli Assad, i nemici erano gli stessi: gli israeliani che erano riusciti a infiltrare quella spia, un ricco arabo che dava feste, offriva champagne e prostitute, beveva meno di tutti e ascoltava tutto.
Il tempo per la vedova di Eli Cohen si è fermato come sull’orologio che i servizi segreti sono riusciti a riportare a casa, da decenni cercano il corpo, i parenti – e la famiglia estesa del Mossad – aspettano ancora di potergli dare la sepoltura da eroe. Le informazioni raccolte da questo ebreo immigrato dall’Egitto nel 1957 – e tre anni dopo mandato in missione – hanno permesso ai comandanti israeliani di arrivare alla Guerra dei Sei giorni preparati a vincerla.
Postazioni, ordini di battaglia, struttura dell’esercito: con il falso nome di Kamel Amin Thaabet e la vera ricchezza dei fondi del Mossad – si fingeva un uomo d’affari siriano appena rientrato milionario dall’Argentina – Cohen è riuscito a diventare amico di generali e politici, a spingerli a confidarsi con lui che tornava dai viaggi all’estero con regali per tutti. Orologi di lusso come l’Omega che – è sicura l’intelligence israeliana – ha indossato fino al giorno della morte, il 18 maggio del 1965.
Per cinque anni era riuscito a ingannare il regime di Damasco, a trasmettere i suoi dispacci che contenevano anche dettagli sulle relazioni con l’Unione Sovietica e pettegolezzi di potere sulla borghesia siriana. «Sotto la pressione dei capi in patria e forse troppo fiducioso sulla tenuta della copertura – spiega Ronen Bergman, esperto di servizi segreti israeliani, sul New York Times – ha cominciato a mandare bollettini in codice Morse quasi tutti i giorni usando l’apparecchio telegrafico che teneva nascosto nell’appartamento. Ma il trasmettitore ha causato un’interferenza con la radio dello Stato Maggiore siriano acquartierato dall’altra parte della strada».
Catturato, torturato, processato, condannato a morte. Dopo l’impiccagione il corpo è stato lasciato per un giorno a penzolare sopra le urla di gioia della folla e poi seppellito nel cimitero ebraico, da dove è stato spostato «perché temevano che gli israeliani mandassero l’esercito per riprenderselo» come ha raccontato Monjer Motsley, ex assistente di Hafez Assad, il capostipite della dinastia. «Nessuno è più in grado di dire dove siano le ossa, è probabile che sulla fossa senza nome siano state costruite case, strade».
Il mistero non ha fermato i tentativi del Mossad di recuperare i resti. L’operazione si è intensificata dopo la rivolta del 2011, il governo ha chiesto anche l’aiuto dei russi alleati degli Assad, il caos della guerra civile è stato usato per cercare di ottenere notizie, indagini clandestine che hanno portato al ritrovamento dell’orologio. «Era in mani nemiche», spiega il premier Benjamin Netanyahu. Che non aggiunge dettagli.
Ci sono voluti diciotto mesi – ricostruisce una fonte dell’intelligence a Bergman – per ottenere la cassa dell’Omega, il cinturino è scomparso: era stata tenuta per anni da uno dei siriani che hanno partecipato all’arresto di Cohen.
La parte più complessa è stata verificare che fosse davvero il suo orologio: sono stati rinvenuti i documenti della vendita in Svizzera e l’oggetto è stato analizzato dagli esperti della scientifica fino alla certezza. Solo allora il ritrovamento è stato annunciato alla vedova, che per ora ha deciso di lasciarlo al quartier generale del Mossad dove è esposto. Nadia spera sempre di poter seppellire il marito in Israele: «Questo orologio è così importante – dice emozionata al telegiornale locale – perché è stato a contatto con la sua pelle».