Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  luglio 06 Venerdì calendario

Storia di Amrita Sher-Gil gemella indiana di Frida Kahlo

Dipingeva donne che andavano al mercato, donne a un matrimonio, donne dentro casa. A volte mostrava donne che intrecciavano legami con altre donne. In certi casi le opere sembravano trasmettere un senso di silenziosa risolutezza. Era un modo molto insolito all’epoca di raffigurare le donne indiane, che di solito nei ritratti apparivano felici e obbedienti. Il malinconico quadro intitolato Tre ragazze, per esempio, mostra tre donne in atteggiamento passivo, i solenni volti scuri che contrastano con il rosso, il verde e l’ambra accesso delle loro vesti. Le donne hanno un’aria sconsolata, come se stessero aspettando qualcosa che dubitano possa mai arrivare.
Per il suo stile e la centralità dei personaggi femminili nei suoi quadri, la Sher- Gil venne soprannominata “la Frida Kahlo indiana”. Capiva bene la solitudine dei soggetti dei suoi quadri, perché i loro stati d’animo erano un riflesso del suo. Per via della sua educazione, visse in bilico fra due mondi, spesso alla ricerca di un senso di appartenenza. Sher- Gil nacque a Budapest il 30 gennaio 1913, dalla cantante lirica ebrea ungherese Marie Antoinette Gottesmann e da Umrao Singh Sher- Gil Majithia, un aristocratico sikh, studioso di persiano e di sanscrito. Iniziò a prendere lezioni formali di pittura all’età di otto anni, quando la sua famiglia traslocò a Summer Hill, nel distretto di Shimla, nel nord dell’India. A 16 anni si trasferì a Parigi e continuò a studiare arte, prima all’Accademia de la Grande Chaumière e poi alla Scuola di belle arti. Il successo arrivò quasi subito. Il suo dipinto del 1932 Giovani ragazze ricevette una medaglia d’oro nel 1933 al Salone di Parigi. Raffigura la sorella, Indira, con indosso abiti europei e un’aria spavalda mentre siede con un’amica parzialmente svestita, Denise Proutaux, il cui volto è oscurato dai capelli: una donna sfrontata e audace e un’altra riservata e nascosta. Il dipinto riflette i diversi aspetti della personalità di Amrita: estroversa e socievole, com’era conosciuta fra coloro che la incontravano alle feste parigine, o solitaria e sempre intenta a dipingere. Oltre ai dipinti di parenti, amanti e amici, creò autoritratti che la mostravano «alle prese con la propria identità», scrive una sua biografa, Yashodhara Dalmia.
Spesso riflettevano una donna introversa e tormentata intrappolata fra le sue due esistenze, quella ungherese e quella indiana. Autoritratto da tahitiana evoca lo stile di Paul Gauguin, che spesso dipingeva donne tahitiane dalla pelle scura. Il suo corpo scuro è dipinto secondo la stilizzazione gauguiniana del nudo femminile, con una semplice coda di cavallo e un’espressione distante e cupa sul viso. La Sher- Gil si sentiva combattuta anche riguardo alla sua sessualità. Era attratta dall’idea di una relazione lesbica, scrive Dalmia, «in parte come conseguenza della sua visione più generale della donna come individuo forte, liberato dall’artificio della convenzione».In realtà ebbe parecchie relazioni con uomini, vedendo nel matrimonio una strada per conquistare l’indipendenza dai genitori. Nel 1938 sposò un cugino, Victor Egan, rivelandogli solo dopo di essere incinta. Lui le organizzò un aborto. Nonostante fosse acclamata per il suo lavoro, la vita parigina la lasciava insoddisfatta. Scrisse di essere «ossessionata da un intenso desiderio di tornare in India, perché ho la percezione strana, impossibile da spiegare, che il mio destino di pittrice risieda lì».
Tornò nel 1935 e trovò l’ispirazione di cui aveva bisogno viaggiando per il Paese. «Avevo realizzato la mia missione artistica: interpretare a livello pittorico la vita degli indiani, in particolare di quelli poveri, dipingere quelle immagini silenziose di infinita sottomissione e pazienza, rappresentare i loro spigolosi corpi scuri», scriveva. Alla vigilia della sua prima grande mostra personale a Lahore, si ammalò.
Amrita Sher-Gil morì il 5 dicembre 1941, probabilmente per le complicazioni legate al secondo aborto praticatole da Egan. Aveva 28 anni, aveva raggiunto una grande popolarità e realizzava opere su commissione. L’Unesco ha dichiarato il 2013, il centenario della sua nascita, l’anno internazionale di Amrita Sher- Gil. «Ho dipinto alcuni quadri molto belli», scrisse in una lettera indirizzata alla madre nell’ottobre del 1931, quando aveva 18 anni. «A detta di tutti sono estremamente migliorata; anche secondo quella persona il cui giudizio mi sta più a cuore: me stessa».
©The New York Times 2018
(Traduzione di Fabio Galimberti)