il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2018
Da sconosciuti a (reali) star: “La Casa di Carta” ora è d’oro
Úrsula Corberó, Álvaro Morte, Pedro Alonso, Itziar Ituño Martínez… nomi che dicono poco o nulla alla maggioranza di noi. Ma se scriviamo Tokyo, Professore, Berlino, Raquel Murillo, il discorso cambia. La Casa di Carta, la serie spagnola che sta spopolando in tutto il mondo grazie a Netflix, ha reso più che familiari, voci e volti di attori fino a poco tempo fa noti solo al pubblico spagnolo, avendo tutti lavorato in film e produzioni televisive non molto conosciuti fuori dai loro confini, tranne pochissime eccezioni peraltro non particolarmente entusiasmanti.
Ora che è diventata la serie di Netflix più vista al mondo non in lingua inglese, tutti i maschietti sono pazzi per Ursula (Tokyo), le femminucce affascinate da Álvaro (il Professore), tutti abbiamo tifato per la detective Raquel, amato e detestato il rapinatore coi giorni contati a causa di una malattia incurabile, Berlino; in poche parole, abbiamo sperimentato quell’empatia che si viene a creare tra un cast ben assemblato e il suo pubblico.
L’alchimia tra gli attori è da sempre fondamentale per la riuscita di un film o, come in questo caso, di una serie tv e come è noto la storia è piena di scelte o di rifiuti illustri dell’ultim’ora che hanno cambiato il destino di carriere e di trionfi al botteghino o sul piccolo schermo.
Tale è stato il successo internazionale de La casa de Papel, che dissuadendo dai suoi piani originari il suo creatore, Alex Pina, Netflix ha deciso di produrre integralmente la terza stagione, dopo aver acquistato le prime due prodotte dal canale televisivo spagnolo Antena 3. “Produrremo nuovi episodi che saranno trasmessi esclusivamente su Netflix”, ha dichiarato Erik Barmack, VP International Originals della società, Ma i fan dovranno avere pazienza, le riprese non sono ancora iniziate, sarà quindi difficile vedere il seguito del racconto prima del maggio o giugno 2019. Il cast, in compenso, a parte i personaggi che hanno perso la vita fin qui, sarà quasi interamente confermato.
It’s the singer, not the song, è il cantante, non la canzone, cantavano i Rolling Stones, ma in questo caso, si potrebbe dire che è il coro. Eppure anche il cast meglio assortito nulla potrebbe se non fosse sostenuto da una trama e dei dialoghi convincenti: non era certo così intrigante e fascinoso, Álvaro Morte quando interpretava Lucas Moliner ne Il Segreto, la telenovela spagnola grande successo anche da noi, su Canale 5. D’altra parte le tanto bistrattate (quasi sempre a ragion veduta) soap-opera, sono state spesso importanti e faticose palestre per giovani attori e non sono poche le star che hanno iniziato così la loro carriera, da Julianne Moore a Brad Pitt, da Demi Moore a Meg Ryan.
Il grande racconto popolare rappresentato dalla vastissima produzione di serie televisive, che ormai siamo abituati a vedere dove, come e quando vogliamo, ha portato alla ribalta un impressionante numero di ottimi attori spesso al livello dei colleghi angloamericani: i russi che recitano nella loro lingua in The Americans o McMafia, gli arabi e israeliani di Fauda e Hostages e poi scandinavi, tedeschi, francesi e vivaddio, anche italiani. Anche noi possiamo finalmente vantare prodotti di alta qualità e di successo internazionale (Gomorra su tutti) e possiamo dire che figure come l’attrice cagna deliziosamente interpretata da Carolina Crescentini in Boris, anche se non sono certo sparite dall’orizzonte, non fanno più parte imprescindibile delle fiction di casa nostra.
È la capacità di registi e sceneggiatori sparsi ormai in tutto il mondo, che da anni si abbeverano alla fonte inesauribile della produzione americana, ad aver reso la narrazione globale, spingendo tutti a creare produzioni coraggiose e innovative. Grazie a questi racconti, con un clic non visitiamo soltanto New York e Los Angeles, ma ci troviamo tra i narcos sudamericani, nei territori occupati della Cisgiordania, tra le strade di Parigi e nelle vie della finanza corrotta che da Londra, passa per Mosca fino a Tel Aviv. Tra le Vele di Scampia. Le lingue si mescolano, gli stili di scrittura e di recitazione si incrociano e si influenzano a vicenda: La Casa di Carta è intrisa di citazionismo, e non esisterebbe Fauda senza Homeland, che a sua volta nasce da una serie israeliana; e sempre più curate e affascinanti sono le serie storiche che mescolano period drama a thriller e fantasy. E al centro di ogni storia ci sono i volti di attori di cui spesso facciamo fatica a ricordare i nomi, ma che riescono immancabilmente a trovare un posto nel nostro cuore.