il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2018
Facciamo il punto sui fondi pubblici ai giornali: come sono e come saranno
Vito Crimi è il sottosegretario, in quota Cinque Stelle, all’editoria. In una intervista, ha rilanciato l’intenzione di rivedere il sistema dei contributi all’editoria in Italia: diretti, indiretti e anche quelli che arrivano ai giornali grazie all’obbligo di pubblicazione dei bandi di gara. Ieri, il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, ha sottolineato come i maggiori giornali d’Italia non ricevano contributi diretti e ha rilevato che togliere l’obbligo degli avvisi potrebbe essere un colpo alla trasparenza. Ma come funzionano questi finanziamenti e come cambieranno?
Fondi diretti.Sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria ci sono alcuni dati, come la rata di anticipo del contributo per il 2017, che ha consentito di erogare il 42,05% del contributo dell’anno prima. In tutto, circa 50 milioni di euro. Tra i maggiori beneficiari del fondo diretto – escludendo quindi i contributi per le realtà non profit –, ci sono Avvenire con (2,5 milioni di euro) Italia Oggi (2 milioni), Libero (2,2 milioni), il manifesto (1,3 milioni). Gli altri sono soprattutto realtà locali: 889 mila euro al Corriere Romagna, 882 mila a Cronacaqui.it, circa 700 mila a il cittadino, almeno 440 mila al Quotidiano di Sicilia, 600mila per il Dolomiten. Infine, 337 mila per Il Foglio. Il totale fa circa 21 milioni di euro.
A chi?L’anno scorso sono state approvate le nuove regole per la distribuzione dei contributi, dati in parte come rimborso di costi e in parte in base al numero di copie vendute. Sette le categorie dei destinatari, tra cui cooperative giornalistiche, imprese editrici il cui capitale è detenuto in maggioranza o totalmente da enti senza fini di lucro, giornali di minoranze linguistiche o per non vedenti. Di conseguenza, gran parte dei principali quotidiani nazionali (salvo Libero, manifesto, Foglio e Avvenire) non vi rientrano.
Indiretti.Crimi parla di agevolazioni indirette. Dal tax credit sulla carta, che ormai non c’è più, all’iva agevolata (i giornali pagano il 4 per cento e solo sul 20 per cento della tiratura), passando per i rimborsi telefonici e agevolazioni sui costi delle spedizioni postali. Numeri di cui, però, non si tiene alcun conto ufficiale.
I bandi.In Italia c’è l’obbligo di pubblicare i bandi o le aggiudicazioni oltre una certa cifra sui quotidiani. Annunci che secondo alcune stime valgono circa 40 milioni di euro. La scelta del quotidiano destinatario dell’annuncio è, però, discrezionale così come il costo che è a carico delle aziende. La richiesta arriva di solito o dalle aziende stesse o dalle agenzie che si occupano di questo tipo di annunci. Il prezzo dipende dalla grandezza dell’annuncio (dai “moduli” che occupa”) ed è fisso, diversamente da quello della pubblicità commerciale, per la quale si può trattare o stringere accordi. Ogni quotidiano applica il suo prezzo ed è legato al numero di copie che vende. Ecco perché è complicato capire a quanto ammonti il totale.
Pubblicità. Il decreto dell’anno scorso, invece, ha introdotto – per la pubblicità commerciale – un’agevolazione fiscale che consiste in un credito d’imposta al 75% sugli investimenti incrementali almeno dell’1% rispetto all’anno precedente sullo stesso mezzo d’informazione.
Fnsi. “Si annuncia – ha detto Raffaele Lorusso, segretario generale del sindacato dei giornalisti – l’abolizione di contributi alla stampa che non esistono più da anni, a meno che non si vogliano cancellare gli aiuti economici riconosciuti a stampa non profit, cooperative, stampa diocesana, altra gamba del pluralismo dell’informazione di questo Paese. In questo caso, si assume la responsabilità di cancellare un migliaio di posti di lavoro”.
Le intenzioni. “Per quanto riguarda i bandi – spiega Crimi – si tratta di sottrarre le imprese a un obbligo che si rifà a un sistema di diffusione non più utilizzato, mentre per quanto riguarda il finanziamento diretto, l’idea è iniziare a finanziare il sistema editoriale e smettere di agevolare i singoli editori che magari fanno anche dividendi tra i soci”. E il pluralismo? “Vanno tutelati i piccoli giornali, le realtà rappresentative delle comunità che altrimenti non potrebbero rimanere in piedi. Soprattutto là dove non arrivano i quotidiani nazionali”. E i finanziamenti diretti? “Confermati ma salvaguardando l’informazione sana e rappresentativa delle realtà locali con la correzione delle storture, ovvero i fondi a tutti quei giornali nazionali che non rientrano nelle categorie che ho appena descritto”.