il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2018
Un laico in Curia: Paolo Ruffini “ministro” di Bergoglio
Quattro giorni fa, papa Francesco ha convocato Paolo Ruffini nel palazzo apostolico e – senza preavviso – gli ha domandato: “Vuoi dirigere la comunicazione del Vaticano?”. Jorge Mario Bergoglio ha chiesto al prescelto la classica riservatezza per consultare i cardinali più fidati. Il bollettino vaticano, ieri mattina, ha annunciato la nomina di Ruffini a prefetto del dicastero per la Comunicazione. Per la prima volta, un laico debutta in Curia con la carica più alta.
Siciliano di Palermo, classe ’56, liceo dai gesuiti, giornalista, Ruffini ha gestito per oltre quattro anni la televisione dei vescovi (Tv2000) con l’ambizione di offrire un palinsesto – ecco che torna la parola – più laico e più vicino ai gusti del pubblico. Non soltanto il rosario, ma tematiche e argomenti cattolici. Come il lungo documentario sugli “angeli del mare”, girato anche a bordo delle navi delle Organizzazione non governative, per testimoniare il bisogno dell’accoglienza e la disperazione dei migranti. Ruffini ha anticipato la messa in onda delle puntate per replicare – con un simbolo evidente – alla chiusura dei porti ordinata dal ministro Matteo Salvini.
Francesco ha reclutato all’esterno, e però sempre nei dintorni della Chiesa che predilige, il prefetto per sostituire monsignor Dario Edoardo Viganò, che s’era dimesso dopo la polemica per la parziale diffusione di una lettera di Joseph Ratzinger sul rapporto tra la teologia e Bergoglio in occasione del quinto anniversario del pontificato. Figlio di Attilio, ministro democristiano; fratello di Ernesto Maria, capo dell’Agenzia delle Entrate e pronipote di Ernesto, cardinale e arcivescovo di Palermo, Ruffini ha una carriera che si sviluppa tra la carta stampata e, soprattutto, la televisione. Quella pubblica, la Rai. Ha guidato il giornale radiofonico di Viale Mazzini durante l’Ulivo di Romano Prodi e ha diretto – in contemporanea all’editto bulgaro di Silvio Berlusconi contro Biagi, Santoro e Luttazzi (2002) – il canale Rai3, il rifugio della sinistra. Era la stagione di Ballarò col giovane Giovanni Floris all’esordio, di Che tempo che fa con l’evoluzione di Fabio Fazio, di Parla con me di Serena Dandini, di Report di Milena Gabanelli in prima serata, di Rt Rotocalco per il sofferto ritorno di Enzo Biagi. Ruffini ha resistito a Rai3 per sette anni, poi il Cda di Viale Mazzini su indicazione del direttore generale Mauro Masi (cioè del premier Berlusconi) ha votato per la sua rimozione: consenso unanime, tranne il no di Nino Rizzo Nervo. Ruffini è rientrato a Rai3 su ordine di un giudice dopo il contenzioso con l’azienda. Viale Mazzini ha proseguito l’offensiva legale – quantomeno inopportuna – con il direttore insediato. Finché lo stesso Ruffini – nell’estate del 2011, con il Cavaliere ancora a Chigi – ha ottenuto la risoluzione del contratto per accettare la proposta di Franco Bernabè, presidente di Telecom, per rilanciare La7. Dopo l’avvento di Urbano Cairo, Ruffini è passato a Tv2000 per adeguare l’emittente dei vescovi all’epoca di Francesco.
Il laico in Curia comanda in un dicastero che incorpora la tipografia, la libreria editrice, i servizi fotografi, il centro televisivo, la sala stampa, i siti internet, Radio Vaticana, l’Osservatore Romano: non una buona notizia per i conservatori ostili a Francesco. Chi collabora col pontefice, spiega così la promozione di Ruffini: “È un segnale sui principi della riforma della Curia: il battezzato è partecipe dell’ufficio profetico sacerdotale e regale di Cristo, perciò è abilitato dal battesimo a poter svolgere uffici nella Chiesa”. Vescovi e cardinali sono avvisati.