la Repubblica, 5 luglio 2018
Amori, fatiche, menzogne: i segreti di Alberto ed Elsa
Man mano che leggevo MoranteMoravia di Anna Folli (Neri Pozza, pagg. 336, euro 18), con quei due nomi fusi insieme a siglare un legame fortissimo, una lunga “storia d’amore”, come dice il sottotitolo, mi sembrava però evidente che i due scrittori, ormai trattati come personaggi, venissero da due romanzi molto diversi. Moravia, giovane della Roma bene, col padre architetto, poteva essere uscito da una pagina di Thomas Mann. Aveva anche avuto esperienza del sanatorio ed era destinato a un successo precoce e duraturo. Morante, al contrario, era in qualche modo evasa da un feuilleton. La madre, Irma Poggibonzi, è maestra elementare, il padre Augusto Morante fa l’istitutore al riformatorio Aristide Gabelli a Porta Portese. Elsa ha due fratelli e una sorella: vivono a Testaccio, dignitosamente, ma poveramente e lei sogna d’essere la figlia segreta del Duca d’Aosta. A un certo punto, Elsa ha dieci anni, la madre decide di confessare la verità: Augusto Morante non è il vero padre dei suoi figli. L’uomo che ha sposato non può renderla madre e dunque le fa conoscere un amico che, per così dire, agirà al suo posto. Si chiama Francesco Lo Monaco, è addetto allo smistamento della posta sui treni dalla Sicilia a Roma. È alto, bello, con gli occhi azzurri e ha già una moglie e cinque figli. Di lui Irma si innamora. Nella sua famiglia d’origine Elsa ha dunque vissuto la menzogna, insegna, non a caso, di uno dei suoi libri più famosi, Menzogna e sortilegio.L’incontro con il giovane Moravia avviene in una storica birreria di Piazza Santi Apostoli verso la fine del 1936. È il pittore Giuseppe Capogrossi a presentarli: Capogrossi è il nipote di padre Pietro Tacchi Venturi, che Elsa ha scelto come suo confessore. Ora Elsa ha lasciato la famiglia, vive in due stanze vicino a Piazza Venezia e non ha un soldo. Però, conquistata dal fascino del giovane Moravia, ha l’ardire di far scivolare tra le sue mani le chiavi di casa sua. Si avvia dunque una storia destinata a durare molti decenni e in qualche modo ancora viva anche quando i due si lasceranno e vivranno altre storie, pur continuando a sentirsi e a frequentarsi. Il libro di Anna Folli ripercorre le vicende del mondo letterario italiano e romano in particolare che vede Moravia e la Morante protagonisti. Hanno attraversato momenti difficili: si sono sposati in grandi ristrettezze. Moravia ha scontato l’origine ebraica con l’ostracismo dei fascisti. Si è persino piegato (e se ne sarebbe poi rammaricato) a scrivere a Mussolini, affermando di essere di fatto cattolico. Se Capri è la sede di tanti momenti felici, la Ciociaria durante la guerra li accoglie in rifugi poverissimi dove patiscono il freddo e la fame. C’è e ci sarà sempre una differenza tra loro: Moravia vive in pubblico e man mano che la fama cresce lo farà sempre di più. Morante si secca se la chiamano Elsa Moravia: pretende una sua identità. Ma non vuole vivere in pubblico. È avara di interviste e forse per i trascorsi della sua famiglia, non ama diffondere particolari sulla sua vita. Nel ’77 esce una monografia su di lei firmata da Gianni Venturi. Fa parte della collana Il Castoro della Nuova Italia. Di norma ogni volume si apre con una intervista e si chiude con la biografia dello scrittore cui è dedicato. Ma non nel caso della Morante. Scrive Venturi: «Discretamente richiesta di esprimere qualche parere sulla funzione dello scrittore, sulle sue idee, sul valore e la necessità dello scrivere, oggi, la Morante ha risposto che tutto quello che si può sapere di lei, della sua opera, del suo pensiero e delle sue convinzioni, speranze, tremori, è affidato una volta per sempre ai suoi libri». E anche la biografia finale è molto ufficiale, contemplando soprattutto l’elenco dei libri usciti e qualche minimo frammento di vita. Non so come avrebbe preso il lavoro di Anna Folli, che scava in tutte le direzioni possibili, facendo parlare i testimoni diretti, le lettere, i diari. Antonio Debenedetti ricorda di averla incontrata, lui ancora adolescente, accompagnando il padre ad un pranzo: rimase affascinato dalla sua bellezza. Elsa e i suoi gatti, Elsa e i suoi amici, Elsa che loda e rimprovera, Elsa che si lascia a un certo punto invecchiare, quando ancora non è affatto vecchia. Quando si separò da Elsa, Moravia trovò una compagna ideale in Dacia Maraini e poi, molti anni dopo, in Carmen Llera. Non tutti sanno invece che la Morante visse un amore tormentato e forse impossibile con Luchino Visconti e poi con un pittore americano bellissimo che si chiamava Bill Morrow. Coinvolse anche Moravia nella promozione delle mostre di Bill. Ma anche questa volta finì male: Bill si drogava e si gettò da un grattacielo a New York sotto l’effetto dell’LSD. Ci furono altre storie nella vita di Elsa Morante, ma sempre di esito triste. Fu Moravia a starle vicino quando passò molti mesi ricoverata in una clinica romana che costava anche cara. E fu Moravia a chiedere, attirandosi molte critiche, un aiuto pubblico per sostenere le spese. Intervenne il presidente Pertini, andandola a trovare e firmando un assegno dal suo conto personale di sette milioni di lire. Elsa ne fu felice, non tanto per l’assegno, ma per la luce indiretta che le veniva da quella visita. Anche in clinica, disse, ora hanno capito che ho scritto dei libri.