Il Sole 24 Ore, 5 luglio 2018
Le aziende imparano dai robot ispirati alla natura
Nel centro di Pontedera, a ventiduemila metri dalla torre pendente che, da secoli, sfida e vince le leggi della fisica, svetta la Creative engineering design area dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa. Il laboratorio attira imprese da tutto il mondo distinte da un minimo comun denominatore: avere un problema di progettazione industriale e non riuscire a risolverlo. È allora che bussano alla porta dei ricercatori guidati dal professor Cesare Stefanini, certe di trovare un approccio creativo, un modo non convenzionale di guardare al problema che possa sfidare e vincere i limiti del possibile.
Tecnologie bioispirate
Accade così che tecnologie e brevetti sviluppati osservando insetti o pesci primitivi, finiscano nel mirino di aziende che vedono in quei progetti di ricerca, nati per altri scopi, potenziali applicazioni nei loro ambiti industriali. I risultati sono tangibili, casi di trasferimento tecnologico destinati a fare scuola come il brevetto di ammortizzatore rigenerativo nato da una stretta collaborazione con Magneti Marelli: un ammortizzatore per veicoli capace di produrre energia sfruttando il movimento di comprensione ed estensione dell’ammortizzatore, energia immediatamente reimpiegabile dai sistemi di bordo dell’autovettura. O come l’accordo triennale con Nuovo Pignone (gruppo GE Oil & Gas) che ha fatto nascere un laboratorio per la messa a punto di brevetti per la saldatura robotizzata e servoassistita.
Anche Brembo, leader mondiale nel settore dei freni per autoveicoli, collabora con il team della Sant’Anna. In questo caso i progetti di ricerca su cui si sta lavorando sono riservati, ma di certo l’azienda bergamasca è tra quelle interessata ai brevetti per sistemi di attuazione nati dal progetto «Lampetra.eu», condotto dall’istituto toscano in collaborazione con il Nobel Institute per la Neurofisiologia dell’Università di Karolinska di Stoccolma. In questo caso, il modello biologico “ispiratore” è la Lampetra fluviatilis, vertebrato arcaico risalente al Devoniano, uno dei pochi vetebrati inferiori ad essere stato studiato in maniera dettagliata dal punto di vista neurofisiologico. Obiettivo: riprodurre artificialmente i meccanismi di interazione, che nella Lampetra fluviatilis avviene a livello inconscio, tra sistema nervoso e apparato muscolare. La piattaforma robotica nata dal progetto ha promettenti applicazioni, non solo in ambito neuroscientifico: riproduce l’animale a livello neuronale (controllo del movimento, segnali e input nervosi), biomeccanico (attuazione di tipo muscolare) e del controllo (gerarchia dei segnali nervosi che presiedono alla generazione e al controllo dell’attività di locomozione). Il tutto è pronto per testare dispositivi robotici dotati di controllo neurale dei sistemi sensoriali legati alla locomozione: robot capaci di gestire l’interazione tra sistema visivo e locomozione, di muoversi riconoscendo gli ostacoli e interagendo con l’ambiente. Tra le prime applicazioni realizzate vi sono pesci-robot dotati di sensori e telecamere capaci di navigare al buio e muoversi all’interno di tubature, per attività di manutenzione e monitoraggio.
Nell’ambito sanitario, ispirandosi a parassiti come la Tenia e alle sue capacità di aderire a superfici biologiche, i ricercatori hanno sviluppato strutture artificiali in grado di ancorarsi efficacemente all’interno del tratto gastrointestinale per il rilascio controllato di farmaci o per attività di video-monitoraggio. E ancora, sempre più “bio-ispirato”, dopo aver studiato Tenia e Lampetra fluviatilis, il team di ricerca è di recente passato – saltato, verrebbe da dire – alla Cicadella viridis, uno dei più veloci saltatori esistenti al mondo, capace di compiere balzi di altezza e ampiezza enormi rispetto alla sua dimensione.
Macchine saltanti
«Nei nostri laboratori – spiega Cesare Stefanini – abbiamo realizzato un robot-grillo che riesce a compiere lunghi tragitti in modo efficiente e su terreni anche accidentati». La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’entomologo Giovanni Benelli dell’Università di Pisa, che ha messo a disposizione degli ingegneri di biorobotica anni di ricerca pluricitata a livello internazionali in entomologia e comportamento animale. Grazie a speciali riprese video, il team di lavoro interdisciplinare ha scoperto come le caratteristiche morfologiche delle zampe della Cicadella viridis siano in grado di trasformare una forza non costante, in parte muscolare e in parte dovuta all’elasticità intrinseca dell’esoscheletro, in una forza costante sul suolo. «Tale comportamento – continua Stefanini – è indipendente dal controllo nervoso e ottimizza istantaneamente lo sforzo che agisce sulle zampe e sul substrato durante la fase di decollo del salto, rendendo minimo il rischio di cedimento strutturale e di scivolamento, con evidenti vantaggi per il successo e l’efficienza nella locomozione, ad esempio durante la fuga o nel corso della ricerca di cibo o del partner». Da questo studio comparato (pubblicato su The Journal of Experimental Biology) è nato un sistema artificiale saltante, il robot-grillo che pesa meno di 20 grammi specializzato in salto in lungo a bassissimo consumo di energia. Robot che sono già finiti nel mirino del mercato. Grazie alla loro capacità di coprire ampie distanze – da soli o muovendosi in sciami – e alla possibilità di trasportare telecamere e sensori di ogni tipo, i grilli-robot sembrano nati per svolgere lavori che l’uomo non potrebbe fare, a parità di tempo e risorse impiegate.
Imprese oggi impossibili come muoversi in ambienti contaminati, misurare con precisione millimetrica parametri ambientali su vaste aree, difendere piantagioni da parassiti e trovare superstiti in aree terremotate diventeranno possibili, facendo compiere alla ricerca – uscita dai laboratori e trasferita all’industria – un nuovo salto verso le frontiere dell’innovazione.