La Stampa, 4 luglio 2018
La denuncia di mamma Murray: «Troppe molestie anche nel tennis»
Judy Murray, la mamma del due volte campione di Wimbledon Andy, vorrebbe vedere l’hashtag #MeToo comparire anche nel tennis. Uno sport nel quale, sostiene Mrs Murray, ai gesti bianchi si affiancano, più spesso di quanto si pensi, gli atti osceni.
«In tanti potrebbero portare degli esempi», ha spiegato al Guardian. «Credo che chiunque frequenti il circuito mondiale sia a conoscenza di situazioni che non vanno bene». Situazioni che riguardano il rapporto stretto, a volte troppo, tra tenniste molto giovani e i coach a cui vengono affidate, e con i quali passano più tempo che con i loro genitori. «È molto facile approfittarsi di una ragazzina giovane e inesperta», dice mamma Judy, ex tennista negli Anni ’70, poi prima allenatrice di Andy e di suo fratello Jamie, quindi ex capitana di Fed Cup dell’Inghilterra. «Nel circuito femminile c’è meno cameratismo che fra i ragazzi, pochissime ragazze che vanno fuori insieme a cena, a differenza di quello che fanno i loro colleghi. Passano tutto il tempo con i loro allenatori o gli sparring partner, che quasi sempre sono maschi e più anziani. Con chi possono mai confidarsi se hanno problemi psicologici? Non è poi facile accusare persone che sei tu a stipendiare...».
Quel college degli orrori
Gli esempi, purtroppo, non mancano. Il Weinstein più noto del tennis è Bob Hewitt, l’ex campione australiano-sudafricano, n.34 del mondo nel ’75 e due volte vincitore a Wimbledon in doppio con Frew McMillan – e che fra l’altro come coach seguì anche il nostro Andrea Gaudenzi – è finito in gattabuia nel 2016, condannato a sei anni per aver violentato due minorenni (di 12 e 13 anni) a cui dava lezioni di tennis. «Era tranquillo, discuteva di tattica, ma mi diceva anche che lo stupro è piacevole e che se lui mi avesse stuprato avrei dovuto stare zitta, e godermela», ha testimoniato una delle due ragazzine. Ma Hewitt non è il solo Orco che ha calcato i campi da tennis. Isabelle Demongeot, ex n.20 Wta a cavallo tra gli Anni ’80 e ’90, gli abusi subiti insieme ad altre quattro colleghe francesi, ai tempi 15enni, da parte del tecnico federale Regis de Camaret li ha denunciati in un libro, «Service Volé», «Servizi Rubati», uscito nel 2005. «In trasferta dormivamo in stanza con lui, gestiva la nostra vita e ci proibiva di avere fidanzati», ha raccontato. Il college degli orrori era a Saint Tropez, e l’Orco-coach, dopo due decenni di indagini e processi, e nonostante alcuni reati fossero finiti in prescrizione, alla fine è stato condannato a otto anni. «Sei tu la vittima ma ti senti impura, sporca, per questo a volte ti ci vuole una vita per trovare il coraggio di denunciare chi ti ha violentato», ha spiegato la Demongeot.
La Dokic e il padre-orco
Ed è drammaticamente nota la vicenda di Jelena Dokic, la tennista australiana di origine croata che il padre padrone (e coach) Damir picchiava a sangue dopo le sconfitte fino a farla svenire. Parole e storie che valgono per altre ragazze, magari meno famose, che sulla strada apparentemente innocente verso il professionismo si sono trovate davanti mostri travestiti da paparini affettuosi. «Dovrebbe esserci un organismo internazionale a cui rivolgersi, perché a volte non è facile parlare con la gente di argomenti di questo tipo», spiega Judy Murray. «Di certo faccio appello a chiunque abbia subito abusi perché esca allo scoperto. Le donne devono prendere in mano il loro destino: può bastare una sola voce per abbattere il muro».