la Repubblica, 4 luglio 2018
Un gps per Neymar: Brasile, più scienza e meno fantasia
A Copa. Sull’interminabile lungo-Volga, percorso dall’orda messicana tutta mogia, i tifosi della Seleçao ne brandivano il simulacro plastificato. Adesso potete sognare: il via libera l’ha dato Neymar, dalle cui labbra pende oggi l’intero Paese, e pazienza se gli avversari lo detestano e gli danno del cascatore: «Dicano quello che vogliono. Io sono venuto in Russia per vincere la Coppa del mondo». Il ct Tite ha dottamente spiegato che il sesto Mondiale non si conquista con i proclami sul jogo bonito, la retorica del brasiliano felice di essere giocoliere, che tanti danni fece nel 2014: «Dobbiamo continuare a migliorare. E per migliorare, dobbiamo programmare. Il gusto per il dribbling o per la giocata di fantasia non ce lo toglierà mai nessuno. Ma è il resto che fa la differenza: organizzazione ed equilibrio tattico».
Il concetto è molto tedesco, nel contrappasso del rovinoso 1-7 di 4 anni fa, il Mineirazo. Qui la miniera è lo scavo dei pochi difetti. Per battere il Belgio nei quarti, servirà un passo in più rispetto al Messico. Nell’eventuale semifinale con Francia o Uruguay, ne servirà un altro. E in finale un altro ancora. A Sochi Tite ha subito riaperto il laboratorio, con lo staff più numeroso della storia della Seleçao e del Mondiale russo. La Cbf è la federazione più ricca di sponsor. Tite guadagna 3,5 milioni di dollari l’anno ed è già stato fissato il premio vittoria per i 23 convocati, per il ct e per i suoi collaboratori più stretti: 1 milione di dollari a testa. Ma 37 li incasserà la federazione che vincerà il titolo. Quanto a Neymar, la Nike ha pattuito con lui 1 milione di euro per il Pallone d’oro, 40 mila per il titolo, 200 mila se sarà capocannoniere.
Lo staff ha ruoli pressoché paritari: è la famosa democrazia di Tite, quella del capitano rotante. Il dg è Edu Gaspar, già braccio destro del ct al Corinthians. Cleber Xavier, suo vice da 17 anni, è specializzato nel lavoro sull’attacco. Il figlio di Tite, Matheus Bacchi, si occupa del centrocampo e aiuta i videoanalisti. Silvynho, già vice di Mancini all’Inter, cura la difesa. L’ex campione del mondo Taffarel allena i portieri. Fernando Lazaro è analista della fase difensiva. Thomaz Araujo studia gli avversari. Il medico è Rodrigo Lasmar, meticoloso nella dieta, nella cura del sonno, nelle regole sull’uso dei telefonini. Il preparatore atletico Fabio Mahseredjian è specialista nella prevenzione degli infortuni. Ci sono 4 fisioterapisti, più i 2 che seguono Neymar a Parigi. Quindici persone, più il ct. Con un segreto svelato da Tite: l’uso ultrascientifico del gps: «Dai dati delle accelerazioni e delle decelerazioni di Neymar abbiamo potuto valutarne al millesimo la crescita di forma». Sempre grazie al gps, si è deciso di non rischiare Marcelo e Danilo col Messico. «Nel calcio è fondamentale l’intensità dello sforzo: poterla misurare nel dettaglio è un grande aiuto per un allenatore», spiega il professor Roberto Colli, pioniere della materia in Italia.
Poi c’è la tattica. Il Brasile ha subito solo 4 tiri in porta in 4 partite e un gol (discusso). Silvynho fa leva sull’italianità della Seleçao, in cui il centravanti Gabriel Jesus spesso è terzino. Willian sintetizza: «Sappiamo giocare con la palla e senza palla». E l’interista Miranda argomenta perché la coppia con l’ex milanista Thiago Silva funzioni tanto bene: «Perché la Serie A è ancora la migliore scuola difensiva possibile». Anche senza gps.