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 2018  luglio 04 Mercoledì calendario

Antifascisti reclusi a cielo aperto La dura scuola politica del confino

In questo libro di Anna Foa, Andare per i luoghi di confino (il Mulino), un’amara definizione di Carlo Rosselli, il fondatore di Giustizia e libertà, è essenziale per capire quelli che Mussolini (e Berlusconi molti decenni dopo) chiamava «luoghi di villeggiatura»: «Meglio forse la prigione. In una cella l’impossibilità di fuggire è evidente e il sacrificio più netto. Il confino è una cella senza muri, tutta cielo e mare: funzionano da muri le pattuglie dei militi. Muri di carne e ossa, non di calce e pietra. La voglia di scavalcarli diventa ossessionante».
Quell’ossessione, Rosselli, dalla vita coraggiosa e tribolata, riuscì a vincerla il 19 luglio 1929 quando, con Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitti, riuscì a fuggire da Lipari su un piccolo yacht che li sbarcò sulle coste della Tunisia. Gli restavano otto anni di vita: nel 1937, con il fratello Nello, fu assassinato dai fascisti a Bagnoles-de-l’Orne, in Normandia.
Nel suo libro, Anna Foa, storica di chiara fama, offre la possibilità di legare passato e presente. L’idea di Europa, una comunità, nata al confino di Ventotene dove Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli scrissero, nel 1941, il famoso manifesto, è incrinata ora dal pericolo di una micidiale frattura, a causa degli egoismi nazionalistici rispuntati nel mondo e dei sovranismi della disunità. Nell’aria che tira si ritrovano purtroppo pericolose venature di razzismo, nutrite dalla carenza di ogni umana pietà, contro i migranti, dalla solidarietà caduta, dall’ambiguità, dalla cattiveria nata dall’incultura, dal rifiuto degli altri, i rom e i sinti, ad esempio, oltre che dei «diversi» di ogni specie.
Ai confinati che arrivavano in catene nelle isole faceva da contrasto la meraviglia del mare e del paesaggio, Lipari, Ponza, Ventotene, Ustica, Lampedusa, Favignana. Le regole di una burocrazia borbonica pesavano sulla loro misera vita nei lugubri stanzoni dove abitavano la notte. Ma Anna Foa fa ben capire come in quelle isole sia nata la nuova e motivata classe dirigente della Liberazione. Passarono dalle isole, oltre ai già citati, uomini come Giorgio Amendola, Lelio Basso, Sandro Pertini, Pietro Nenni, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Pietro Secchia, Umberto Terracini, Manlio Rossi Doria, Franco Venturi, altri. Molti di loro dopo lunghi anni di carcere, più di 12 mila antifascisti, si calcola, in gran parte comunisti, socialisti, anarchici, ben scelti dal regime, si può dire, perché era pericolosa e disturbante la loro forza politica e morale contro la dittatura. Il confino, come il carcere, rappresentò l’apprendistato politico-culturale, l’università degli studi, la costruzione della speranza in un domani senza più fascismi.
L’autrice di Andare per i luoghi di confino ricorda le donne, Ursula Hirschmann, moglie di Eugenio Colorni, confinato a Ventotene, Natalia Ginzburg, confinata a Pizzoli, negli Abruzzi, col marito Leone, politico, storico, filologo, forse tra i più intelligenti tra i fondatori della casa editrice Einaudi, nel 1933. (Con lo pseudonimo Tornimparte, adottato a causa delle leggi razziali, Natalia firmò il suo primo romanzo, La strada che va in città. Era il nome di un paese vicino a Pizzoli). Tra le altre confinate, Camilla Ravera alla quale Ermanno Olmi dedicò nel 1972 uno struggente documentario, Le radici della libertà, e poi Lina Merlin, Adele Bei, Cesira Fiori.
I confinati non finirono soltanto nelle isole. Cesare Pavese, arrestato nel 1935 dopo la spiata di Pitigrilli a Torino che colpì gli uomini di Giustizia e libertà, fu inviato a Brancaleone Calabro, sullo Jonio. Ma non gli piacque il mare omerico («antipatico d’estate, innominabile d’inverno»). Aveva nostalgia delle lutulente acque del Po. Ma da quel soggiorno obbligato prese ispirazione per il suo Il carcere.
Franco Antonicelli, poi, liberale crociano, arrestato nel 1935, fu mandato ad Agropoli, in provincia di Salerno, dove si sposò, lui in tight e cilindro, lei in abito bianco grecizzante. Quasi una beffa. Ma il caso non era previsto dai regolamenti di pubblica sicurezza e si lasciò fare. E poi Carlo Levi, ad Aliano, vicino a Eboli, profondamente amato dai contadini che, medico, oltre che pittore e scrittore, curò con passione. (Si è fatto seppellire a Eboli: il suo libro è famoso in tutto il mondo).
I confinati di condizione sociale benestante conobbero in quegli anni un altro mondo, quello dei poveri che faticavano a tirare la giornata. Un sussulto, per molti di loro.
Badoglio, dopo il 25 luglio 1943, tardò a liberarli. Molti dei confinati combatterono partigiani in montagna, Leone Ginzburg morì a Regina Coeli, atrocemente torturato dalle SS.
Non pochi, dopo la Liberazione, avranno posti di alta responsabilità nella neonata Repubblica. Terracini, presidente della Costituente, firmò il 27 dicembre 1947 la Costituzione con Enrico De Nicola e Alcide De Gasperi; Camilla Ravera fu la prima donna nominata senatrice a vita; Pertini diventerà nel 1978 presidente della Repubblica.
Anche i carcerieri fascisti se la cavarono assai bene. Marcello Guida, direttore nel 1942 del confino politico di Ventotene, fu, nel 1969 – la strage di piazza Fontana, la morte di Pinelli – il questore di Milano in via Fatebenefratelli.