Corriere della Sera, 4 luglio 2018
Forestieri linciati in strada dalla folla. La psicosi social che uccide in India
Erano da poco scesi dall’autobus che li aveva portati dal loro villaggio a Dhule, cittadina a 300 chilometri da Mumbai. Domenica, c’era il mercato. Avevano iniziato a mendicare come usano fare gli uomini della loro tribù, abituati a vagare per procurarsi da vivere. Uno di loro ha rivolto la parola a una bambina: un gesto che è costato la vita a lui e ad altri quattro del gruppo. Dadarao e compagni sono stati accerchiati, presi a calci e a bastonate, linciati da una folla inferocita. In un attimo cinque corpi maciullati giacevano a terra in una pozza di sangue. A scatenare la furia omicida, una bufala che da settimane imperversa sui social media in India: nel Subcontinente sarebbe arrivata una gang di ladri di bambini.
I cinque mendicanti sono le ultime vittime di una fake news che si è rivelata letale dalle zone tribali più arretrate del Subcontinente fino alle metropoli più moderne, come Bangalore. Nella capitale indiana dell’hi-tech poche settimane fa a farne le spese è stato un giovane di 26 anni, Kaalu Ram, appena arrivato per cercare lavoro: è stato legato e picchiato a sangue con mazze da baseball. Anche in un altro polo tecnologico, Hyderabad, un uomo arrivato da fuori, a caccia di un impiego è stato massacrato di botte.
Sono almeno una ventina i linciaggi fomentati dai social negli ultimi due mesi. A fare da catalizzatore un video diventato virale in India. Le immagini mostrano un bambino agguantato da due uomini in moto. Si tratta di un filmato parte di una campagna lanciata in Pakistan per la sicurezza dei bambini, diffuso però in India via WhatsApp senza la parte finale. Nella versione integrale, rilanciata dalla Bbc, si vedono i due motociclisti tornare e liberare il piccolo mostrando un cartello con la scritta: «Ci vuole solo un attimo per rapire un bambino dalle strade di Karachi».
Ma anche una volta svelata la provenienza delle immagini, la diffidenza della gente resta. Anche perché la loro diffusione è stata accompagnata da una serie di altre bufale come l’annuncio di «200 rapitori di bimbi in arrivo».
A poco sono servite finora le contromisure messe in campo a livello locale, dagli «strilloni» smaschera bufale ai corsi per il Web in un Paese che ha più che raddoppiato i suoi navigatori in meno di 5 anni.
A essere presi di mira, sospettati di crimini mai commessi e fatti fuori, sono quasi sempre dei forestieri. E così sono caduti in imboscate un giovane dell’Andhra Pradesh, che parlava hindi e non la lingua locale, il telegu; una madre con un bambino, il suo, in «trasferta» per assistere a una cerimonia di famiglia; due giovani nell’Assam scambiati per stranieri. Nilotpal Das, musicista di 29 anni, capelli rasta e occhiali da sole, si trovava a bordo di un suv con un amico: era da poco rientrato dopo anni di assenza nel suo villaggio natio, quando si è trovato circondato dai locali. Nel video postato in rete dagli aggressori si vedono i due ragazzi mentre supplicano la folla e cercano di spiegare che non sono forestieri. Invano.
Certo le fake news sono un problema globale, ma soltanto nel Subcontinente stanno avendo degli effetti così violenti. Per due motivi spiega da Delhi al Corriere Mohammad Ali, giornalista del periodico The Hindu che sta scrivendo un libro sui linciaggi in India. «C’è un crescente clima di diffidenza e odio nella nostra società, sempre più polarizzata in termini di “noi” e “loro”. Un clima incoraggiato dal partito dei nazionalisti indù al potere e facilmente infiammabile via WhatsApp che oltre a essere il social media più popolare in India (lo usano oltre 200 milioni di indiani, anche nelle campagne, ndr) è anche quello percepito come più affidabile». Del resto questo social in India è usato anche in modo innovativo, per esempio dai medici in servizio nelle zone rurali per ricevere aggiornamenti in tempo reale dai colleghi nelle grandi città.