la Repubblica, 3 luglio 2018
Il Mondiale per le mani: dalla rimessa nascono i gol
Gioco di mano, gioco di villano. Quel giorno di dieci anni fa Arsène Wenger era livido, non ci voleva stare. Il suo Arsenal aveva perso 2-1 in casa dello Stoke City, entrambi i gol erano arrivati dalle rimesse laterali di quel demonio di Rory Delap, detto “la fionda umana”, un terzinaccio che da ragazzo faceva il giavellottista: la sua specialità, perché con quei deltoidi poteva fare ciò che voleva, era catapultare in area questi palloni che piovevano dal cielo e abbassandosi di colpo creavano scompiglio, qualcosa di interessante accadeva sempre.
Wenger perse il suo aplomb e batté i piedini in terra: «Così si sfrutta una forza che non fa parte del calcio, è un vantaggio ingiusto. Io sarei per introdurre le rimesse laterali con i piedi, sarebbe più onesto». Era pura stizza e non lo ascoltò nessuno, perché il regolamento non vieta affatto di lanciare il pallone dove si vuole, con le mani. È un’arte di nicchia, tipicamente britannica, rivisitazione in chiave calcistica del concetto della catapulta, la inventarono i siracusani della Magna Grecia 25 secoli fa per assediare le città nemiche, in attesa che qualcuno ideasse l’aereo. L’ha riproposta con perfida continuità l’altra sera il danese Jonas Knudsen contro la Croazia. Ne ha sparate una quindicina, di rimesse laterali lunghe, arrivavano tutte sul dischetto dell’area, anche per queste cose i croati sono andati in tilt. La prima, dopo 57”, ha provocato l’1-0 della Danimarca.
È anche accaduto, due volte, che Knudsen si spostasse da una base all’altra del rettangolo di gioco per battere la rimessa, perché dopo la prima catapulta il pallone veniva sparato fuori dai difensori croati dall’altra parte, e lui pian pianino attraversava il campo per fare il suo dovere di là, come se fosse un corner. Gioca nell’Ipswich, serie B inglese, Knudsen, e non è affatto un caso, perché è in Britannia che l’arte si è sviluppata a fine Anni 60 e sopravvive: pure Arne Gunnarsson, il centrocampista barbuto dell’Islanda, un altro che spara palloni con le mani, gioca lì, nel Cardiff City, neopromosso in Premier League.
Il pioniere fu William Gunn, che giocava a cricket ma pure a calcio, e nel 1882 scaraventava palloni a 70-80 metri di distanza, ma con un braccio solo, allora per limitarlo codificarono la regola della rimessa con due mani.
Del resto il cross è stata per decenni la principale fonte di gioco del calcio inglese, e la rimessa lunga a cercare i saltatori in area ne era l’alternativa veloce, senza passare dai piedi. Il povero Ian Hutchinson, gloria del Chelsea, è considerato uno dei precursori e infatti lo chiamavano l’uomo-mulino: nel 1970 da una sua rimessa in finale di Fa Cup a Old Trafford nacque il gol della vittoria, a centro area Jack Charlton del Leeds sfiorò solo, e alle sue spalle David Webb infilò il 2-1 per i Blues. Ne nacque una moda tutta inglese, nei Seventies. Jack Charlton non dimenticò mai: nel 1990 allenava la splendido Eire a Italia ’90, e uno degli schemi era cercare con la rimessa lunga la testa di Tony Cascarino, o Nial Quinn.
Britannici. Inglese era il sedicenne Steve Watson del Newcastle, che nel 1990 propose per primo la rimessa con capriola acclusa, troppo circense per i gusti inglesi (infatti la federazione la vietò), subito imitata in quegli anni dall’estone Risto Kallaste, e rivista di recente in Russia durante Iran-Spagna con Milad Mohammadi, che però ha fatto una figuraccia scivolando orrendamente prima del lancio. Le si provano tutte, d’altronde. Si chiama calcio, football, ma anche la mano pretende la sua parte. Wenger si rassegni.