Corriere della Sera, 3 luglio 2018
Migranti, servirà almeno un anno per le richieste di Tripoli
Motovedette, gommoni, vetture, autobus, apparecchiature, ambulanze: ci vorrà almeno un anno per rispondere alle richieste del governo libico. La procedura è avviata, ma i tempi non potranno essere brevi. E dunque bisogna individuare una strategia che possa consentire di gestire la situazione rallentando il ritmo delle partenze. I centri di detenzione gestiti dalle autorità locali sono allo stremo, centinaia di migliaia di stranieri vivono in condizioni disumane. Almeno altri 50 mila sono invece pronti a salpare. Ed è a questo che l’Europa, ma soprattutto l’Italia, dovrà fare fronte. Nella consapevolezza che le organizzazioni criminali potrebbero decidere di alzare la posta facendo arrivare i loro barconi sino alle acque italiane, oppure imbarcando persone su mezzi di fortuna che rischiano di affondare appena poche miglia dopo essere salpati, proprio come accaduto negli ultimi giorni e ancora ieri. La scelta di consegnare entro ottobre le prime dodici motovedette – come stabilito ieri dal governo che ha pronto il decreto – e di occuparsi della manutenzione di quelle che erano state donate negli anni scorsi, mira a mostrare volontà di collaborazione. Ma certo appare difficile che possa bastare a soddisfare le istanze di Tripoli, tenendo conto che nell’incontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvini della scorsa settimana è stato rimesso sul piatto del negoziato il progetto per la costruzione dell’autostrada previsto dall’accordo di amicizia e cooperazione siglato da Silvio Berlusconi con il colonnello Gheddafi nel 2008.
I soldi UeLa delegazione giunta ieri in Libia, guidata dai vertici della direzione centrale per l’Immigrazione, può contare su 46 milioni di euro, di cui 30 messi a disposizione dall’Ue. L’incontro è servito a definire tempi e modi dell’operazione e alla fine è stato stabilito che la consegna completa di apparecchiature e mezzi non avverrà prima di un anno. Bisogna infatti indire le gare di appalto, individuare le ditte partecipanti che devono avere una tecnologia particolare e poi attendere che imbarcazioni e vetture vengano equipaggiate in maniera da poter essere utilizzate per i pattugliamenti terrestri e soprattutto per i controlli in mare. Ma anche costruire il centro di coordinamento della Guardia costiera libica nel luogo che è stato esaminato proprio ieri. Secondo i tecnici tutto questo potrà essere completato nel giro di dodici mesi, sempre che non ci siano ulteriori intoppi. Si tratta in ogni caso di un «pacchetto» che i libici non ritengono sufficiente, anche perché erano già stati avviati progetti di sostegno con i capi tribù che adesso appaiono determinati a chiedere il rispetto delle intese in cambio della garanzia di controllare il proprio territorio.
Ong e cargoIl fatto che le organizzazioni criminali abbiano sempre gestito gli sbarchi anche come elemento di pressione nei confronti del nostro Paese e dell’Ue non è un mistero e il bilancio delle vittime in mare nelle ultime due settimane sembra dimostrarlo. Un bollettino che rischia di aggravarsi nei prossimi giorni. Dopo la decisione di Malta e Italia di chiudere i porti all’ingresso delle navi delle Ong cariche di migranti, ma anche a quelle che devono rifornirsi di viveri e carburante, rischia di crearsi un nuovo problema. Sembra infatti difficile poter continuare a contare sulla cooperazione dei mercantili che finora sono sempre stati disponibili a soccorrere i barconi in difficoltà. In caso di emergenza venivano sollecitati dal centro di coordinamento di Roma e poi potevano effettuare il trasbordo dei migranti sulle navi delle Ong, sulle motovedette italiane oppure portare gli stranieri nel porto più vicino. Una procedura che adesso non è più possibile seguire e il rischio altissimo è che si perdano giorni di navigazione per il trasporto delle merci. Esattamente quanto accaduto al «Maersk Alexander», rimasto in mare per quasi cinque giorni con 113 migranti a bordo con una perdita per la Compagnia di oltre 800 mila euro perché il carico è rimasto fermo, ma con l’affitto del mercantile che è stato ugualmente versato. E adesso sembra davvero improbabile che altri mercantili o pescherecci vogliano trovarsi nella stessa situazione. Anche se questo vuol dire evitare di soccorrere chi rischia di affogare.