La Stampa, 2 luglio 2018
Pronto soccorso come il Far West. Aggrediti in servizio due medici su tre
A Roma e Udine si allestiscono corsi di autodifesa per medici e infermieri e a Palermo il personale reclama la vigilanza dell’esercito. In due strutture sanitarie su tre si verificano aggressioni fisiche. Grava il sovraffollamento: il problema è nazionale e da Roma in giù la situazione è da allarme rosso perché «la frustrazione dei pazienti aumenta laddove ci sono più carenze di personale e posti letto», spiegano gli ordini dei medici, commentano i sindacati della sanità.
Cinque ore per una visita
In Italia due medici su tre vengono aggrediti. Il 65% dei camici bianchi (sondaggio Anaao Assomed, giugno 2018) è stato vittima di aggressioni: per il 66,19% verbali, per il 33,81% fisiche. L’emergenza riguarda soprattutto il Sud: violenze nei reparti (72,1%) e nei Pronto soccorso (80,2%). Di mese in mese le rilevazioni presentano un quadro a tinte più fosche. Secondo l’indagine della Società di medicina di emergenza e d’urgenza, nel 63% dei Pronto soccorso si è verificato nell’ultimo anno un episodio di violenza. Per fermare l’escalation di violenze in ospedale, i sindacati dei camici bianchi hanno appena consegnato 35 mila firme alla commissione Sanità del Senato con un pacchetto di proposte che include «la trasformazione dell’operatore sanitario in pubblico ufficiale» e «le sanzioni per le Asl che non garantiscono la sorveglianza nei servizi psichiatrici e negli avamposti del 118». Il segretario Smi, Pina Onotri descrive un «effetto moltiplicatore» e cioè «tagli di personale al Pronto soccorso, servizi meno accessibili, insoddisfazione crescente dei pazienti, forze dell’ordine sotto organico e più malati psichiatrici senza assistenza». Lei stessa, in servizio alla Guardia medica, si è vista scagliare contro un vaso di fiori da una donna in preda a una crisi nervosa. Maggiore è l’affollamento al Pronto soccorso, più frequenti sono le aggressioni in sanità. Dalle 4 alle 5 ore in coda per la visita in codice bianco o verde e, nelle grandi città, attese fino a 60 ore per un ricovero. A Roma, in una giornata media, su 144 pazienti al Policlinico Casilino, 40 sono in attesa di un posto letto, all’Umberto I 49 su 124, al Gemelli su 49 sono 128, al San Camillo-Forlanini, 50 su 143.
Nei Pronto soccorso su mille pazienti un terzo è in attesa di ricovero e la metà del personale in servizio deve trascurare le emergenze per assistere i malati sulle barelle (-24% di posti letto in un decennio). L’80 % degli ospedali ha il pronto soccorso: in totale 12 mila medici e 25 mila infermieri. I tempi di attesa, l’abuso di alcol, la dipendenza dalle droghe e i disturbi mentali scatenano comportamenti violenti. In aumento il numero di episodi di violenza al Pronto soccorso. Crescono, ma di meno, quelli ai Sert, ambulatori psichiatrici, servizi geriatrici. Il 90% degli infermieri riferiscono di essere stati aggrediti fisicamente o verbalmente o di aver assistito ad aggressioni nei confronti di colleghi. Il 35% del personale sanitario ha subito atti di violenza fisica e il 52% ne è stata testimone. Il 31% degli aggrediti ha avuto bisogno di cure mediche, con prognosi nel 30% dei casi dai 5 a 15 giorni. Nel 90% degli episodi gli operatori sanitari non denunciano la violenza subita (verbale o fisica).
Un fenomeno sottostimato
Negli Usa, su 5 milioni di operatori sanitari, le aggressioni fisiche sono 2637 all’anno, cioè 8,3 ogni 100 mila lavoratori ospedalieri. In Italia in un anno sono 1200 le violenze denunciate ma sono solo una piccola parte delle aggressioni effettive. A Roma 4 Pronto soccorso senza un posto fisso di polizia (Santo Spirito, Oftalmico, San Filippo Neri, Cto), 5 con presidi di pubblica sicurezza di 6 ore quotidiane (Sant’Eugenio, San Giovanni, Pertini, San Camillo, Sant’Andrea), 2 con sorveglianza della polizia dalle 8 alle 20 (Umberto I, Policlinico Tor Vergata), uno con la sola vigilanza privata (Ospedale Grassi di Ostia). Ad alzare le mani o il tono della voce sono i pazienti in fila (50% dei casi), i parenti (21%), parenti e paziente insieme (11%), altri accompagnatori (10%), utenti generici del Pronto soccorso (8%).