Corriere della Sera, 2 luglio 2018
La presidenza dell’Ue a Kurz, il ragazzo prodigio che vuole tolleranza zero
Mai sottovalutare «baby face» Sebastian Kurz. In quattro anni ha avuto più successi lui di quanti un politico possa sperarne in un’intera carriera. Due le medaglie più scintillanti: la chiusura della rotta balcanica e la scalata al potere austriaco. Nel 2016 ha guidato la rivolta dell’Est contro l’ondata migratoria e ha stravinto contro l’allora onnipotente signora di Berlino. Nel 2017 si è impadronito dell’Österreichische Volkspartei, Övp, la democrazia cristiana austriaca, e ne ha fatto un partito personale. Poi, certo, sono arrivate anche delle soddisfazioni statistiche. Ha esordito come ministro più giovane di sempre a Vienna e ha chiuso nel dicembre scorso con l’elezione a primo ministro. A 31 anni, era diventato il capo di governo più giovane del pianeta.
Da ieri il giovane Kurz, tra le tante cose, ha anche la presidenza di turno dell’Unione Europea. Per sei mesi sarà la sua Austria a coordinare i lavori intergovernativi, quelli dove si decidono le cose che contano. Non è che si abbia un potere straordinario dallo scranno della presidenza, ma Kurz ha saputo interpretare tutti i ruoli che ha avuto in modo dirompente e senza nessuna sudditanza nei confronti delle consuetudini o di quelli più grossi di lui. Pur di marcare il punto nella disfida sui profughi con l’Italia, non ha esitato a sfidare storia, economia e alleanze mandando l’esercito al Brennero. Potrebbe farlo anche stavolta in Europa. Dalla sua, Kurz, ha il fatto di rappresentare l’anello di congiunzione tra i Paesi fondatori, il club dell’Europa Occidentale di una volta, e il gruppo sempre più chiassoso ed esigente dei nuovi arrivati dall’ex blocco sovietico. Se c’è un denominatore comune nell’azione politica del Wunderwuzzi, il bambino prodigio, è l’assoluta chiarezza dei fini e la precisione del piano per realizzarli.
Illuminante, in questo senso, fu l’«Operation Ballhaus»: la manovra segreta con cui si è impossessato del vecchio partito che l’aveva eletto. Meglio della rottamazione di Renzi finita in scissioni rovinose. Meglio della fuga dal socialismo di Emmanuel Macron. Meglio della metamorfosi, da padana a nazionale, della Lega di Salvini. Meglio, perché Kurz non solo si è tenuto le proprietà e l’elettorato del vecchio organismo democristiano, ma l’ha rimodellato a sua immagine come una creatura digitale in simbiosi con i sondaggi.
Cosa pensa Kurz? Il suo manifesto elettorale troverebbe tranquillamente spazio anche nella Lega delle Leghe annunciata ieri a Pontida da Salvini. L’Islam è un pericolo. L’immigrazione un lusso che non possiamo permetterci. Quindi tolleranza zero ed espulsioni per gli stranieri non inseriti. E per l’Ue? Solidarietà è una parola che non vale un hashtag. L’Unione che piace a Kurz chiude i confini. Nell’ultimo Consiglio europeo, «baby face» si è battuto per l’esternalizzazione delle frontiere. In Africa o nei Paesi di approdo come l’Italia. Di sicuro non in Austria.