Il Sole 24 Ore, 1 luglio 2018
Da Cosmo a Luca Carboni, quel nichilista del Trap
Il nome di un nuovo progetto del pianista Robert Glasper è R+R= NOW. La curiosa formula si ispira a una dichiarazione di Nina Simone in un’intervista degli anni 60, in cui la celebre cantante black affermò che il dovere dell’artista era quello di riflettere la contemporaneità. È un concetto che mi dà l’occasione di proseguire un percorso nato con il mio articolo precedente su «Domenica» (pag 31 del 27 maggio): che riflessione sul presente fa oggi la musica italiana?
... E il mondo è un tavolo, e noi siamo le briciole... canta Calcutta nell’ultimo album, Evegreen. Musicista contestuale sia all’ambiente indie che al nuovo pop, è autore di successi come Cosa mi manchi a fare e Pesto. Nel suo stile c’è understatement. Una dichiarata mancanza di cura. O forse di artificio. Nei testi trovo piccoli squarci su rapporti personali, dettagli di esperienze : non c’è mai dichiaratamente una riflessione sul presente. Perché? «Per umiltà – spiega Calcutta -. Altri in Italia affrontano l’argomento, o con la retorica del “governo ladro”, o cercando il presente, e con i piedi nella contemporaneità. Ma per me non essere nel tempo è anche una scelta stilistica: è una scelta eternizzante. Ma sai che il nostro è un discorso novecentesco?» Vero. E perché in questi anni 10 non ci si aspetta dalla musica una riflessione? «Non so perché, ma forse ci sono anche dei lati postivi. A me va bene che nessuno pretenda da me qualcosa». Come ci si confronta dunque con canzoni come Anime salve e Povera Patria. «Come dicono in Romagna: “non è la mia piadina”, però potrebbe essere una questione mia, e temporanea. Se provassi un sentimento forte per concetti tipo Patria, Politica, forse mi piacerebbe un giorno scrivere una canzone del genere. Anche Battiato o De André non sono sempre stati autori politici».
In questo mondo che è / Pieno di lacrime / Io certe volte dovrei fare come Dario Hübner / E non lasciarti a casa mai a consumare le unghie.
COSMO ha 30 anni. Un successo meritato e crescente, oggi con il suo album Cosmotronic è in tour proprio in questi giorni. È autore di una canzone italiana di estetica Dance; un genere che non ama certe sovrastrutture. I suoi testi sono divisi fra privato - Ti ricordi che nebbia? / Ci ha seppelliti una settimana / Ricordi che abbiamo sbagliato strada / e risalendo la valle / abbiamo scoperto che il cielo era sgombro / - e il sociale - Toc toc / c’è la realtà che mi bussa alla porta / Non so / se aprire o se nascondermi /... una cosa mi mette a disagio /... La butto sulla simpatia. «Ho sempre avuto la tendenza a scrivere della realtà: capire che cosa ci faccio nell’universo – precisa Marco Cosmo -, ma ho sempre cercato di radicare questa visione del generale in un vissuto personale, in una concretezza. Ma la realtà bussa, l’economia detta le regole, e io sento un senso di colpa nel vedere che ultimamente mi perdo a scrivere dei fatti miei». La cosiddetta poetica del Rap/Trap italiano degli ultimi anni a volte arriva al nonsense monosillabico, degenerando in nichilismo. «È abbastanza vero, ma nichilista lo sono anche io, anche se di una generazione precedente rispetto a quella dei trapper. Sono figlio di un’epoca in cui i valori dell’economia, hanno riempito il vuoto dei Valori, e il mio è forse un nichilismo consapevole e malinconico, post-ideologico. Il nichilismo di quest’ultima generazione, invece, a volte è posa, a volte esprime un vuoto reale: non è sempre superficialità. Molti di loro sono nati negli anni Novanta, sono figli di questo sfacelo e problematizzano meno. E quindi sono veramente espressione dei tempi. Molto inquietante».
Infine Luca Carboni. Dagli anni 80 il suo stile è in equilibrio fra naïveté e consapevolezza. Una formula che sembra apprezzata dalla nuova generazione dei songwriter. P arlare della sfiga / proprio non si può / E la morte no non è mai stata un argomento pop / Rabbia e protesta / non sono proprio il top, / Il dolore e l’ingiustizia no non brillano neanche un po’ /... Gli esseri umani / sono tristi per natura / ma il Pop è qui per dimostrarci / che non è poi così dura. Anche il Pop è diventato impermeabile alla riflessione sul presente. «Dalla fine dell’epoca dei cantautori, – risponde Carboni – la canzone italiana si è stabilizzata o nella rivoluzione silenziosa dell’indie, o nel Pop banale leggero. Un fenomeno accentuato ancora di più negli ultimi anni; sono aumentati, a causa dei talent in tv, gli interpreti e non le band o gli autori. Questo ha favorito l’attenzione per le voci e meno per le idee. Non si cerca di costruire storia intorno agli artisti, ma semplicemente fare il pezzo che funziona». Nel suo ultimo disco, Sputnik , Carboni ha collaborato con diverse artisti del mondo cosiddetto indie : Calcutta, Giorgio Poi, Gazzelle. «Questa nuova generazione potrebbe conquistarsi uno spazio maggiore nel pop. Il pop non è un genere, è un modo, una possibilità di farti infrangere quel muro che ti isola. Il pop di oggi ha subito una deriva verso il vuoto rispetto agli anni 80, ma oggi il web consente a molti di promuoversi indipendentemente, di circolare viralmente e questo significa conquistare indipendenza».
Hai ancora i sogni che avevamo noi? /Utopie dicono.
Per me quell’estate non è mai finita.