Il Sole 24 Ore, 1 luglio 2018
Nasce ThyssenKrupp-Tata: parte la sfida europea dell’acciaio
Francia, Lussemburgo, Spagna e Italia da una parte; Germania, Olanda e Inghilterra dall’altra. ThyssenKrupp e Tata hanno annunciato ieri la conclusione ufficiale dell’iter, avviato con il memorandum of understanding dello scorso settembre, per la fusione delle loro attività europee. Nasce un gigante da 21 milioni di tonnellate, ribattezzato ThyssenKrupp Tata steel, il secondo player europeo nel mercato dei piani dopo ArcelorMittal, oggi leader in Ue con una capacità di 60 milioni. E non è un caso se anche quest’ultimo sia in queste settimane impegnato nel perfezionamento dell’acquisizione degli asset Ilva. Con le frontiere chiuse alle importazioni in dumping provenienti dai principali player emergenti e la contemporanea guerra dei dazi innescata dai provvedimenti della Section 232 dell’amministrazione Trump, il controllo del mercato europeo dell’acciaio è diventato sempre più strategico.
L’operazione annunciata ieri è forse l’ultimo stadio di un processo di aggregazione che ha visto, negli anni, da una parte le francesi Usinor e Sacilor fondersi con la lussemburghese Arbed e la spagnola Aceralia, fino ad arrivare a Taranto. Ora, dall’altra parte, Tata conferisce al campione tedesco, ThyssenKrupp, gli asset posseduti in precedenza da Corus, vale a dire l’ex British steel e l’olandese Hoogovens. È un consolidamento che ha portato questi due poli di aggregazione a controllare il 50% del mercato europeo. Intanto, nuovi player si affacciano su questo mercato: l’indiana Jsw ha rilevato la ex Lucchini a Piombino, mentre le cessioni degli asset di ArcelorMittal in Est Europa (per ottenere il via libera dell’antitrust all’acquisizione dell’Ilva) rischiano di essere l’anticamera per l’ingresso di nuovi soggetti agguerriti all’interno dei confini europei.
L’operazione annunciata ieri «crea valore» per entrambe le parti, sottolineano le due società, che si attendono sinergie per 400-500 milioni di euro e una ottimizzazione del capitale operativo. Il prezzo da pagare in termini di occupazione sarà «una razionalizzazione della forza lavoro negli anni a venire fino a 4mila posti». Inoltre, «la rete di produzione completa sarà rivista a partire dal 2020 con l’obiettivo di integrare e ottimizzare la strategia di produzione per l’intera joint venture», che sarà gestita come un’unica attività integrata attraverso una holding con sede nella regione di Amsterdam. «Con la joint venture – commenta il ceo di ThyssenKrupp, Heinrich Hiesinger – creiamo un player europeo altamente competitivo, basato su una forte logica industriale ed una logica strategica». Per Hiesinger la jv non solo risponde «alle sfide dell’industria siderurgica europea», ma è «l’unica soluzione per creare un valore aggiunto significativo di circa 5 miliardi di euro per Thyssenkrupp e Tata».
Scarse se non nulle le ricadute dell’operazione sull’Italia. L’unica controllata italiana di ThyssenKrupp attiva nel settore dell’acciaio al carbonio è la Tk electrical steel di Motta Visconti (Mi), un centro servizi per acciaio magnetico con 42 addetti: resta da capire se è nel perimetro dell’operazione. La principale controllata in Italia di ThyssenKrupp nell’acciaio è invece Acciai speciali Terni, attiva nell’inossidabile, quindi al di fuori dell’area di business oggetto della fusione. L’alleanza con Tata potrebbe però accelerare, secondo alcuni osservatori, il processo di cessione dell’asset italiano, da sempre un «corpo estraneo» nell’universo ThyssenKrupp. L’azienda, dopo un processo di ristrutturazione chiuso con 290 esuberi, sta vivendo una fase di normalizzazione, con il risultato in utile per il secondo anno consecutivo. I vertici di Thyssen non hanno mai nascosto la volontà di cedere il controllo di Terni, ma l’operazione non è semplice e anche per questo motivo nei mesi scorsi il Governo avrebbe preso in considerazione la possibilità di coinvolgere alcuni player nazionali per favorire una riorganizzazione più ampia del comparto.