La Stampa, 1 luglio 2018
Il primo romanzo gay. «Cielo, mio marito mi tradisce con un uomo»
Gli ultimi due inglesi giustiziati per sodomia si chiamavano James Pratt e John Smith. Si erano appartati nella camera di una locanda londinese, il cui padrone insospettito prima li aveva spiati, poi aveva fatto irruzione. Che fossero adulti (39 e 29 anni), consenzienti e in privato, non era una attenuante. Charles Dickens, allora giovane giornalista, li vide nel carcere di Newgate, pallidi e inquieti, mentre aspettavano di essere impiccati, il che avvenne pubblicamente, il 27 novembre 1835. Caduta in disuso, la condanna a morte per quel reato fu abolita nel 1861, e di quello che sul Continente veniva chiamato le vice anglais la Gran Bretagna non si occupò più fino a quando un deputato progressista definì il reato in un emendamento alla legge contro i rapporti tra uomini e fanciulle minorenni. Ogni atto di gross indecency tra soggetti maschi, comunque e dovunque commessi, divenne punibile con un massimo di due anni di carcere con o senza lavoro duro. Era il 1885, e la legge, la cui prima vittima illustre fu, dieci anni dopo, Oscar Wilde, sarebbe rimasta sostanzialmente in vigore fino agli anni 1960. Perciò è una interessante «trouvaille» il romanzo del 1889 appena riesumato da un professore americano, il quale commentandolo lo definisce il primo trattamento di un caso di omosessualità nella letteratura inglese. Il romanzo si intitola A Marriage Below Zero, «Matrimonio sotto zero» (a cura di Richard A. Kaye, Broadview Press), e l’autore, che si celò sotto lo pseudonimo di Alan Dale, era in realtà tale Alfred J. Cohen, critico teatrale e drammaturgo discretamente brillante, non ancora trentenne e attivo a New York da qualche anno. Sì, perché il romanzo, benché scritto da un inglese e ambientato a Londra, uscì in America, dove ebbe successo ma non fino al punto di incoraggiare un editore britannico a importarlo.
Oggi è difficile rendersi conto della sua audacia, peraltro confermata da non poche reazioni del tempo. Eppure Dale-Cohen aveva preso precauzioni, evitando qualsiasi dettaglio pruriginoso, e adottando uno stile di narrazione faceto, da commedia leggera. Ma riassumiamo. Narra in prima persona una donna, Elsie, che all’epoca dei fatti era una debuttante in società. Figlia unica di madre vedova, Elsie aveva incontrato i primi giovanotti solo a diciott’anni, restando delusa dalla loro frivolezza e inconsistenza. In seguito avrebbe imparato che alle donne gli uomini dicono sciocchezze, mentre tra loro i rapporti sono ben diversi; ma allora la colpì il solo che invece di farle la corte con smancerie le parlava come a una persona normale. Elsie non notò allora che questo attraente Arthur era emarginato dai suoi coetanei, tra i quali frequentava solo un amico, tale capitano Dilligton.
Bene. Arthur chiede la mano di Elsie, la ottiene, i due vanno a vivere in campagna. Ma la prima notte Arthur lascia sola la sposa con un pretesto, e il giorno dopo ricompare con un ospite, il capitano Dilligton, che rimane per una settimana. Tutte le sere Arthur e il capitano giocano a scacchi fino a quando Elsie, frustrata, non si è ritirata nelle sue stanze. Anche in seguito Arthur evita qualunque contatto con la moglie. Alla lunga Elsie si convince che Arthur abbia una amante, lo fa seguire, lo sorprende a conversare col capitano in un appartamento che Arthur ha preso a Londra.
Tornato all’ovile, Arthur parte per una vacanza con Elsie a New York. Ma qui pur dopo un soggiorno piacevole non resiste, e scappa per rientrare a Londra col capitano, che li ha seguiti di nascosto. Elsie a questo punto si rassegna. Arthur sparisce, e anni dopo Elsie apprende che è coinvolto in uno scandalo a Parigi. Sempre innamorata, si precipita a cercare di salvarlo, ma lo trova suicida nel suo alberghetto. Fine. Tutto ciò può sembrarci piuttosto innocente, e certe recensioni dell’epoca che tuonarono contro le oscenità esposte da Dale ci fanno sorridere. Ma era materia rovente. Proprio del 1889 è lo scandalo di Cleveland Street, quando fece scalpore la scoperta di un bordello maschile frequentato da aristocratici prima che ogni cosa fosse messa a tacere. E quanto alla prudenza di Elsie, che pur abbandonata dal marito non ha chiesto il divorzio per colpa di lui, noteremo che poco dopo, nei primi anni 1890, quando la moglie di Lord Russell, fratello del futuro filosofo Bertrand, tentò di liberarsi del coniuge descrivendolo come omosessuale, il giudice trovò l’accusa talmente mostruosa e inconcepibile da condannare su due piedi la signora per tentata diffamazione.