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 2018  luglio 01 Domenica calendario

«Così l’intelligenza italiana batterà il resto del mondo»

Anche l’Italia avrà il suo centro per l’intelligenza artificiale (Ai). Anzi, meglio: per i dipartimenti universitari e gli istituiti di ricerca che si occupano di questa materia, cuore della prossima grande rivoluzione industriale, nascerà un punto di riferimento.

Il 4 luglio apre il Laboratorio nazionale di Artificial intelligence and intelligent system (Aiis): aderiscono ben 40 università e si sono associate, fra le altre, realtà come l’Istituto italiano di tecnologia (Iit), il Cnr, la Fondazione Kessler di Trento.
Le migliori competenze italiane in Ai. Nel mondo è in atto una corsa all’intelligenza artificiale.
Gli Stati Uniti guidano la classifica per investimenti stanziati, mentre la Cina ha annunciato di voler arrivare a 65 miliardi di dollari l’anno. Cifre che rischiano di tagliarci fuori, se non iniziamo a coordinare gli sforzi. Uno dei compiti dell’Aiis, creato in seno al Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica (Cini), è proprio questo. A guidarlo una donna, Rita Cucchiara, professoressa dell’Università di Modena e Reggio Emilia e fra le maggiori esperte di visione artificiale.
Come le sembra la situazione in Italia nel campo dell’Ai?
«A settembre avremo una mappa precisa delle ricerche che si stanno conducendo, ma già ora le posso dire che sulle Ai applicate alla robotica siamo ai primi posti nel mondo. E siamo bravi anche sulla parte percettiva, dalla visione artificiale alla comprensione del linguaggio. Genova, Roma, Palermo, Milano, solo per citarne alcuni, sono dei centri importanti.
Però è chiaro che ora dobbiamo fare squadra».
Quel che da noi non succede mai?
«Infatti dobbiamo cambiare passo».
In cosa l’Europa è diversa da Usa e Cina?
«Nell’applicazione della ricerca: negli Usa va tutto alle grandi multinazionali del Web. La Cina sta facendo un lavoro capillare sulle grandi quantità di dati prodotte dai loro cittadini. In Europa siamo avanti nello sviluppo di soluzioni per l’industria dell’automobile e in generale nell’idea di “intelligenza aumentata”, ovvero l’ampliare le capacità dell’essere umano più che il sostituirlo. Qui l’aspetto etico giocherà un ruolo importante, per indirizzare l’evoluzione delle Ai verso il miglioramento della qualità della vita».
La benzina delle Ai sono i dati e i nostri li abbiamo regalati a poche grandi compagnie americane.
«Vero. Ma ne esistono altri: quelli meteorologici, un campo nel quale diciamo la nostra, e quelli medici.
E, ancora, nella fisica. Non tutto è nelle mani dei colossi del Web. E poi per le Ai non si sta più andando nella direzione dei big data, ma verso l’uso di campioni meno ampi di informazioni per simulare il resto. Insomma, il nostro vero problema, più che l’assenza dei dati, è la carenza di finanziamenti.
Cercare fondi puntando a quelli europei e al settore privato è uno dei nostri obiettivi. Per fortuna molte aziende italiane stanno capendo che i nostri software non sono secondi a quelli degli altri».
In Europa è stata avanzata l’idea di costruire una sorta di Cern per l’Ai che possa competere con Usa e Cina.
«Le proposte sono due, chiamate con gli acronimi Claire ed Ellis. Una grande alleanza fra tutte le università e gli istituti firmata da più di 1.600 scienziati da un lato, un insieme di laboratori di eccellenza dall’altro. Nel frattempo la Commissione europea ha dato avvio alla prima iniziativa comunitaria con Ai for Europe definendo le strategie. Fra queste c’è la necessità di unire la comunità scientifica».
Ai timori di Elon Musk, convinto che le Ai ci porteranno all’autodistruzione, come risponde?
«Di stare sereno».