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 2018  luglio 01 Domenica calendario

Renzi e gli altri. Se la politica cede al fascino della megavilla

Il mormorio popolare su chi «si è fatto la villa» fa parte del gusto per il vintage. Una delle notizie più cliccate nel 2018 pare sia lo scoop che Matteo Renzi starebbe per comprare a Firenze un villone con giardino. E sembra il segnale di un’invidia d’altri tempi che riaffiora nel chiacchieratoio digitale dei social network.
È corretto che chi si occupa del racconto della politica sia autorizzato a fare i conti in tasca a chi si proclami un quasi spiantato, salvo poi farsi beccare con il rogito in bocca di un quasi 12 vani con giardino. Appartiene invece all’epoca di Don Camillo chi, da casa sua, impugni la tastiera per social condividere il vindice disprezzo.
«Si è fatto la villa», è un modo di dire molto datato, rivela il sentire tipico di una società rurale in cui il farsi la villa corrispondeva all’uscire spocchioso da una millenaria condizione subordinata; negli anni del boom poteva anche coincidere con l’incaricare un geometra di progettare quelle orribili casette con le balconate a sbalzo e gli infissi in anodizzato. Sempre comunque un segno di volersi distinguere per rango da chi era ancora costretto a vivere con l’odore di stalla al piano terra.
Il Kremlino di Perugia”
Nella mia realtà separata di bambino Anni 50, che nacque e studiò nella Perugia monocolore rossa, ricordo gli sguardi rabbiosi dei miei verso la collina, ricoperta di pini e macchia mediterranea, che incombeva dietro il nostro tetto. La chiamavano: «Il Kremlino» ed era lottizzata con le ville dei potenti del Pc cittadino, che in quel piccolo paradiso si erano tutti appunto fatti la villa. Era il nostro un rancoroso denunciare il presunto paradosso della lussuria nababba, imperdonabile vizio per i burocrati del partito del socialismo reale.
Nel caso di Renzi permane solo un pallido residuo di tale rivendicazione, magari è più evidente in chi si è stracciato le vesti dall’indignazione quando Pablo Iglesias, fondatore e segretario generale di Podemos, il partito spagnolo di sinistra radicale, è stato beccato, a fine maggio, farsi una villa di 250 metri quadri, con giardino e piscina. «In Spagna l’economia è ripartita», commentò infatti acido il governo Rajoy.
Lo stesso sentimento era stato anticipato nel marzo 2015 quando Il Daily Mail pubblicò le foto della villa sull’Isola di Egina del simbolo greco dell’ultra-sinistra Varoufakis, assieme all’indiscrezione che quel bengodi costava 5 mila euro alla settimana di affitto.
La doppia morale
Il motto del «predica bene e razzola male» ha ripreso vigore quando, un anno fa, il Chicago SunTimes avvertì il mondo che Barack Obama e sua moglie Michelle avevano acquistato una villona di 800 metri quadri, del valore di 8,1 milioni di dollari, nel quartiere strafigo di Washington. Anche in questo caso sono fioccati gli: «Hai visto? Che vergogna!», senza tenere conto che a ogni ex presidente americano anche una puzzetta viene pagata cifre esorbitanti, alla fine una villa ci può anche scappare.
Al contrario, per chi rappresenti lo zero in attitudine ad essere identificato come simbolo delle classi più deboli, farsi la villa è un dovere, anzi la villa deve esserci come suggello di un’investitura divina. A nessuno viene in mente di bacchettare Trump per Mar-a-Lago, la sua reggia di 126 stanze a Palm Beach, in Florida. Solo per chi ostenta passione per gli ultimi farsi la villa è considerato un tradimento e suscita invidia, avere un castello diventa un impegno civico per chi incarna la gloria del possedere.
Perfetto esempio il caso di «Villa Sellegren», la lussuosa dacia storica da satrapo che Putin si era fatta allestire in segreto ai confini con la Finlandia, scoperta solo un anno fa grazie al video su YouTube di un blogger dissidente. Nessuno scandalo alle nostre latitudini, il massimo è stato raffrontarla con Villa Certosa, la magione berlusconiana che ogni italiano, qualunque sia il suo credo politico, considera come la più realistica declinazione del Walhalla, residenza celeste degli eroi.
Le ragioni dell’odio
Si odia la villa di Renzi perché non ci farebbe mai sognare, per bellina che sia, rimarrà la casa lussuosetta del parente più benestante di noi. In Villa Certosa si cela invece la mirabolante cornucopia per ogni umano appagamento. Esempio da manuale in cui farsi la villa non è riferibile al solito «fortunello» antipatico. Solo un benefattore sarà colui che può edificare liberamente il mausoleo dei propri piaceri terreni, permettendo che rappresenti, senza ombra della passata micragna, l’indicibile dimora onirica di chi quei piaceri può solo immaginarli.