E in effetti la settantaquattrenne Delia — newyorchese purosangue, autrice di pellicole, pièce teatrali e libri di successo — sulla pagina mostra un volto assai diverso, rispetto all’ottimismo esibito su grande schermo. Come dimostra Siracusa, in uscita per Fazi: storia avvincente di un gruppetto di americani in vacanza in Italia, che parte con una serie di dialoghi in apparenza leggeri fra turisti per caso per trasformarsi in un’avventura nerissima. Segno che quel “cuore” a cui si riferisce comprende molti angoli bui.
Ma perché proprio Siracusa?
«Tutto merito del luogo: magico, magnetico. Ci sono andata in vacanza nel 2011 e mi sono ritrovata in una località sorprendente, affacciata su un mare Ionio più spettacolare che mai. Una città che nella sua parte antica è tutta pietra, come ai tempi dei Romani. E in cui è quasi naturale sentirsi attraversati da una sorta di forza, così come da una vena di follia. Una Siracusa da amare, ma dove si può anche impazzire. Così, tornata a casa, ho scritto venti pagine su due coppie e una bambina in viaggio lì e le ho tenute da parte, finché mi sono decisa a terminare il romanzo».
Nei suoi film vediamo spesso l’amore mentre sboccia. Qui, invece, assistiamo a cosa succede dopo la scritta The End: matrimoni a rischio naufragio.
«Era da tempo che cercavo di scrivere qualcosa su un argomento intrigante come l’essere marito e moglie: per far funzionare un matrimonio ci vogliono così tanta collaborazione, pazienza, sforzo di armonizzare due individualità, che già solo tentarci richiede una bella dose di insanità mentale. Non a caso, nel libro, entrambe le coppie protagoniste sono in crisi. E a complicare le cose c’è il tema della maternità, con il rapporto fin troppo potente tra una madre e una figlia — anche se è l’altra donna, che non ha figli, a comprendere davvero la ragazzina. Ho scelto di raccontare la vicenda dal punto di vista di ciascun personaggio, alla Rashomon».
Un passaggio brusco, per il pubblico italiano: dal rosa del cinema al nero letterario…
«Ho scritto il romanzo per dare al lettore la sensazione di una catastrofe incombente. Dall’inizio sentiamo che succederà qualcosa di brutto. È tutto un lento avvicinarsi al punto critico, a cui nessuno, a cominciare dai personaggi, sembra potersi opporre. È una favola nera, anche se realistica».
Questo stile dark, però, non rischia di cancellare la sua verve comica?
«In effetti nella mia famiglia, in cui sia mia madre che le mie sorelle erano piene di talento, ero definita The Funny One, cioè quella divertente. Ma era naturale che sul fronte commedia finissi nell’orbita di mia sorella Nora. Una donna trascinante, dotata di un’energia selvaggia. Lavorare con lei mi ha sempre reso felice. Eppure…».
Eppure?
«Ho sempre saputo che se mi dedicavo esclusivamente a scrivere film e opere teatrali con lei, anche nella gioia non avrei mai trovato la mia voce. Sarei stata sempre una sorella. Per questo poi ho sentito dentro di me l’urgenza di scrivere libri: per esprimere me stessa».
Nora non sentiva lo stesso bisogno di separazione?
«In questo era diversa, ha sempre saputo cosa voleva fare e lo ha fatto. Ha cominciato a essere pubblicata quando era ancora molto giovane, e in fondo sentiva che avrebbe avuto successo. Sapeva da sempre di avere un destino da scrittrice».
Sua sorella diceva che condividevate “la metà di un unico cervello”, lei ha raccontato che perderla è stato come restare senza un braccio.
«La sorellanza è una delle esperienze più profonde che l’essere umano possa vivere, perché si basa sulla conoscenza assoluta dell’altra persona, su una comunanza totale. Certo, c’è anche tanta competizione. Ma io so di essere stata fortunata: ancora oggi, anche se lei non c’è più e mi manca tanto».
È felice che i vostri film sono ancora così popolari?
«È vero, sono amatissimi. Spesso ricevo sul mio sito complimenti e manifestazioni di interesse, segno che il pubblico continua a guardarli e a riguardarli. Merito soprattutto di Tom Hanks e Meg Ryan, una coppia di attori incredibile. Ma perché quelle commedie abbiano conservato la loro freschezza, quale sia il loro segreto, in fondo per me resta un mistero».