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 2018  giugno 30 Sabato calendario

Vivere fino a 122 anni. «Non sarà un’eccezione»

Se volete godere di un’ulteriore speranza di vita cercate di arrivare fino a 105 anni. Sembra un paradosso, ma lo certifica la scienza: se fino a ottant’anni il rischio di mortalità cresce esponenzialmente e a velocità costante, dopo quell’età decelera e superati i centocinque anni la curva della mortalità non sale più, si ferma.
«Non significa che non c’è più il rischio di morire, ma semplicemente che il rischio non cresce: è fermo intorno allo 0,5%. Questo livello costante lo chiamiamo “plateau” e con la nostra ricerca dimostriamo che il limite di mortalità non è stato ancora raggiunto», spiega Elisabetta Barbi, docente di Demografia della Sapienza di Roma e coordinatrice di un importante studio italiano sul limite biologico dell’esistenza appena pubblicato su Science.

I ricercatori si sono interrogati su come cambia il rischio di morte con l’avanzare dell’età nel tentativo di rispondere a un antico dibattito fra gli scienziati mondiali che finora hanno sempre sposato due diverse correnti. La prima sostiene che con l’aumentare dell’età il rischio di mortalità cresca esponenzialmente con la stessa velocità, anche fra i centenari. La seconda crede, invece, che superata una certa soglia la curva della mortalità deceleri fino a raggiungere valori costanti.
Finora la mancanza di dati affidabili sulle età dichiarate o certificate ha generato dubbi su quale fosse la giusta corrente. Così per sostenere la tesi dei 105 anni, cifra che indica i semi-super centenari, demografi e statistici del team romano hanno analizzato i profili di quasi 4mila italiani che avevano spento centocinque candeline, per la maggior parte donne.«È la prima volta che, con l’aiuto della statistica, sono stati raccolti dati molto precisi e affidabili, certificati di nascita e morte di migliaia di semi-super centenari fra il 2009 e la fine del 2015», continua Barbi. «Tutto è comprovabile. Fra questi c’erano anche donne di 116 anni che oggi non ci sono più o altre che ora detengono record di longevità».
In passato diverse teorie sui “pionieri della longevità” hanno generato critiche nella comunità scientifica. Ad esempio, nonostante nel 1997 la francese Jeanne Calment morì all’età di 122 anni stabilendo un nuovo record di longevità umana, un successivo studio fissò il limite massimo della vita a 115 anni. Quella pubblicazione però fu tacciata di non essere affidabile.«Noi invece, osservando la grande mole di cifre comprovate dall’Istat, abbiamo stabilito che non esiste, o per lo meno non è ancora all’orizzonte il limite della longevità», afferma Barbi. «Anche perché i dati ci indicano che il “plateau” diminuisce nel tempo». In sostanza i nuovi centenari, rispetto a quelli delle generazioni precedenti, non solo sono di più, ma vivono anche più a lungo. «Il rischio di mortalità dei super centenari odierni è infatti minore rispetto a quelli del passato». Ci potrebbero così essere sempre meno casi isolati simili a quello di Giuseppina Projetto, italiana seconda donna più anziana al mondo, che ha compiuto 117 anni un mese fa. «E anche il record di 122 della signora Calment, da qui a un secolo, potrebbe non essere più un’eccezione» ammette Barbi. «Certo, conta molto l’impatto della sopravvivenza selettiva, ovvero il fatto che sopravvivono oltre 100 anni individui meno fragili e vulnerabili alle malattie, ma non è il nostro compito stabilirlo. Per sviluppare corrette teorie sull’invecchiamento dovranno lavorare evoluzionisti, biologi e altri scienziati. Noi abbiamo solo tracciato una curva che può aiutare a comprendere i meccanismi della vita», conclude Barbi. Curva di cui Sparman Sodimedjo, indonesiano morto un anno fa, pare abbia goduto per quasi quarantanni: poco prima di spirare mostrò infatti una carta di identità datata 1870, avrebbe dovuto compiere ben 147 anni. Il dubbio che sia vero resta, ma la speranza è dura a morire.