La Stampa, 30 giugno 2018
Rita Pavone spiega perché se l’è presa con i Pearl Jam
Rita Pavone è un fiume in piena. Si sente fraintesa e strumentalizzata da chi ha cavalcato una sua frase, per eleggerla presa di posizione dogmatica più che politica. Quel suo post: «Fatevi gli affari vostri», all’indirizzo dei Pearl Jam, colpevoli di aver infilato in un concerto l’appello all’apertura dei porti ai migranti, le ha causato un mare di attacchi.
Proviamo a ricostruire i fatti per come sono andati?
«Che io sia amareggiata è certo. Mai dalla mia bocca è uscita la parola “migrante” associata a qualcosa di negativo: figuriamoci, con la mia storia...».
Che storia?
«I miei nonni dalla Sicilia si sono trasferiti ad Asti, mio padre era operaio alla Fiat, conosco la loro fatica e il loro dolore. Posso mai dire qualcosa contro chi per miseria è costretto ad andar via dalla sua casa? Sarei cretina e io posso essere tutto tranne che cretina».
Allora cosa l’ha infastidita?
«Che vengano a dare lezioni casa nostra quando di guai ne hanno da vendere pure nei loro Paesi. Non mi piace che si facciano le pulci su tutto. Sono cantanti e che cantino. Oppure offrano un concerto ad hoc, come Live Aid e non ci saranno equivoci».
I Pearl Jam avrebbero detto di non conoscerla.
«Mi conoscono benissimo. Ho cantato per i più grandi show americani con artisti come Duke Ellington e i miei concerti fanno il tutto esaurito nel mondo. Io invece li conosco i Pearl Jam e la loro musica mi piace. Li ascolto con piacere, ma si facciano i fatti loro. E poi, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Io non ho veicolato messaggi politici, non lo faccio mai e non voglio mi si metta in bocca quello che non ho detto. Lo trovo poco etico. Io non sono una scatenata barricadera, scatenata lo sono solo sul palco quando canto. Ma credo che dietro tutto ci sia altro».
Che cosa?
«Tanta gente mi sta antipatica e io starò antipatica a tanta altra gente. Ci sta. Ma creare un malessere per questo non va bene. Mi sembra sensato dire che se vado a un concerto, se io mi sposto, pago il biglietto e vado a vedere un cantante voglio dell’altro, musica e basta».
Che cosa è il populismo per lei?
«Populismo è accattivarsi una simpatia, populismo è quando cerchi l’applauso facile, populismo è ingraziarsi il pubblico. Ma io dico, siete un grande gruppo, non c’era bisogno. La loro era un’uscita pretestuosa. Ma con tutte le rogne che avete a casa vostra...».
Lei come si colloca politicamente?
«Sono liberale e non sono indottrinata. Se c’è una battaglia che condivido la faccio mia. Io non seguo i partiti ma il mio cuore e le mie sensazioni. Purtroppo oggi la meritocrazia non esiste, esistono gli agganci in paradiso e basta. E io non li ho mai cercati. Avevo un grande ammiratore che era Palmiro Togliatti e mio padre non era di sinistra, aveva persino votato per la monarchia. Però Togliatti valutava per quello che vedeva e che sentiva. Anche io guardo e vedo, a differenza di tanti altri che hanno il paraocchi. Perciò dico la mia opinione ma non salgo sui carri vincenti come mi accusano».
Sarà perchè Salvini pubblicamente l’ha lodata.
«Io ringrazio Salvini. A me lui non dispiace per niente. Io dico, lasciamoli lavorare, così avremo modo di capire se stanno operando bene o male. E se non ci piaceranno non li voteremo più. Mi sembra che ci sia troppo pregiudizio contro di loro».
Lei abita in Svizzera, qualcuno ha detto che da quel privilegio è facile parlare.
«Ecco, lo dica chiaro e tondo. Io abito in Svizzera assieme a tantissime altre persone che non sono nate qui. C’è chi vive a Los Angeles, a Londra, non capisco tanto sparlare. Anche perché io ci vivo, non ci porto i soldi di nascosto come altri. Ho il doppio passaporto, significa che voto in Svizzera e in Italia. Significa che quando lavoro in Italia mi trattengono il 30% del guadagnato alla fonte. Tutto dichiarato, tutto perfetto. E rivendico il diritto di dire la mia. anche dalla Svizzera».