Corriere della Sera, 30 giugno 2018
Filippo Timi, il trasformista
«Che reciti o no nel nostro teatro, Filippo ha da noi un suo camerino. Gli ho dato la chiave dopo la sua stravaganza su Amleto con cui iniziò a collaborare». Chi parla è Andrée Shammah, il Filippo è Timi e il teatro è il Parenti. L’attore, che dopo Casa di bambola con cui «ho imparato il rispetto delle parole dell’autore», s’è preso una vacanza dalla scena, anche per girare con Sebastiano Mauri la riduzione cinematografica della sua brillante Favola kitsch queer.
Torna ora, nel senso dell’autunno, nella novità Un cuore di vetro in inverno nei panni di un cavaliere errante perugino (di dove se no?) che nel 600, anno più anno meno, va a combattere contro un drago. Allora si fa sul serio? «Attenzione, il drago si intravede solo perché nel mio copione è tutto metaforico: combatte contro le proprie paure, i dilemmi della vita, si fa accompagnare da una corte». In cui trovano posto gli attori complici di un processo teatrale collettivo e in divenire: «Marina Rocco è l’angelo custode sopra un carrellino, Elena Lietti è impegnata come prostituta a far marketing dell’amore terreno, Andrea Soffiantini è il menestrello che racconta storie, Michele Capuano è lo scudiero». Con Timi il tempo e lo spazio fanno sempre le giravolte, è come stare su un ottovolante della storia. Infatti: «Si inizia con lo sbarco sulla Luna e poi si va indietro nel tempo che, com’è noto, è circolare». Ma esiste? «Almeno quello personale, sì, calcoliamo noi il peso». Insomma sarà un’Armata Brancaleone che gioca al Settimo sigillo senza dimenticarsi di Italo Calvino o di Spamalot. Che ruolo avrà l’autobiografia? «Il Cavaliere non posso negare che mi somigli, è un periodo speciale, nel mezzo del cammin della sua vita. E allora guarda le stelle e si domanda: chi sono?».
Quanti anni hai, Filippo? «Io? 44, sono lì a farmi queste domande». Che risposte ti dai? Chi vince? «Di una cosa oggi sono certo, che le paure ti corazzano ma insieme sbarrano la strada. Però so che è fondamentale affrontare il drago inesistente per tornare vittorioso all’amore sinceramente». Happy end? «Credo di sì, quando parti per una battaglia, speri di vincere, liberato dalle tue paure».
Quanto ti aiuta il teatro in questo processo di dare avere esistenziale e personale? «Il teatro eccome se aiuta, così come la scrittura che fa riflettere su certi temi che ti sono affini o cari. Il teatro è un passaggio che comprende il fondamentale rapporto con gli altri, condividere certe emozioni, quindi elaborarle. C’è un aspetto demiurgico importante quando il teatro è fatto bene, ma è molto faticoso. Per me però è una gioia, mi arricchisce tutti i giorni».
Timi ha anche il privilegio non indifferente di scrivere il testo, scegliere i compagni di viaggio, le scene che disegna personalmente, così lo spettacolo lo riflette a tutto tondo. «Questo mi sazia. In un film interpreto personaggi scritti da altri, io lotto fra la mia testa e i consigli da ascoltare anche per contratto. Ci vuole un anno a scrivere un testo nuovo, sperando che sia davvero diverso, che non assomiglia a nulla che hai fatto prima». Favola, lo spettacolo alla Hollywood vintage nato anni fa al Parenti e cresciuto sera per sera (alla fine la durata era raddoppiata) è stata una prova psico-fisica impegnativa per l’attore. «Ma che piacere, il trucco, quei vestiti, la parrucca, le scene, una troupe da Oscar. Essere diretti da Sebastiano Mauri è stato un regalo, ma c’è da mettere sempre in conto, in ogni copione, la fragilità dell’essere umano. Casalinghe, cavalieri o angeli custodi, siamo tutti fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni, ripeto con Shakespeare. Nel tempo ogni attimo è eterno, un giorno vola in un secondo o non finisce mai: così mi preparo al drago, lo affronto e torno uomo».
Thriller? Quando si scrive per il teatro sai come inizi ma non come finisci: dentro ci sta di tutto, la tua vita in prosa e in poesia. «All’inizio» racconta Shammah «avevo chiesto a Filippo di organizzare alcune serate su parole chiave come paura o sogno, ma quando mi ha portato le sue pagine abbiamo pensato subito a uno spettacolo che il Parenti porterà a Milano, Firenze, Roma e Perugia». Magari anche provvisto di lieto fine? «La vita trionfa sulla battaglia, è un augurio di cui abbiamo sempre bisogno».