Tuttolibri, 30 giugno 2018
Con le sculture in 3D Barry X Ball guarda alla grande arte italiana
Le teste umanoidi, sparse per Villa Panza, ci spostano improvvisamente in un luogo atemporale, tra spettri e metafore intrise di memoria. I ritratti degli amici del mondo dell’arte: gli artisti Matthew Barney e Lucas Michael, la storica Laura Mattioli e la gallerista Dual Jeanne, si alternano nello spazio come entità dal profilo post-umano. I materiali – onice pachistano o messicano, calcite, argento placato oro, lapislazzuli e un’infinita varietà di marmi – rendono le teste diafane e inclassificabili.
Barry X Ball (1955), artista californiano amato e collezionato per anni dal conte Panza di Biumo, incarna con estrema attualità il pensiero di Walter Benjamin sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Profondamente legato alla storia dell’arte italiana, Barry X Ball riproduce con materiali ricercatissimi, opere del passato attraverso la stampante 3 D.
Il processo di appropriazione avviene con variazioni concettuali che trasferiscono dimensionalmente l’opera da un tempo a un altro e da una materia all’altra, eludendo l’originale. Scrive Sergio Risaliti in catalogo: «L’artista oggi è in grado di portare a termine analisi accuratissime sulle opere dei grandi maestri del passato, risolvendo passaggi tecnici che nessuna mano d’uomo è in grado di compiere a causa dell’estrema fragilità dei materiali lapidei, o al contrario della loro resistenza o durezza».
Curata da Anna Bernardini e Laura Mattioli, «The end of history», la prima personale italiana dell’artista, si integra perfettamente con gli arredi e i decori settecenteschi della villa. Una serie di opere minimal, dalla preziosa doratura, ripropongono l’oro della pittura senese e delle icone russe su tavole di legno quadrate. Da Cimabue a Giotto, l’artista ne mostra la versione astratta. L’ossessione per l’arte di ogni tempo, antica e contemporanea, si traduce nella sintesi di forme che divengono manierismo puro. «Forse i miei lavori sembrano violenti o negativi. – ha affermato l’artista – Ad esempio il doppio ritratto con Matthew Barney impalato. Ma in quell’opera c’è un complesso intrico di riferimenti a lavori antichi. La mia scelta è basata soprattutto sulla ricerca della pura emozione. Cerco qualcosa di estremo sia nella forma dell’opera che nelle emozioni trasmesse. Cerco di rompere la tradizionale, noiosa idea della scultura in pietra che conosciamo, e di portarla verso nuove dimensioni».
Le teste di X Ball, che rimandano a quelle di Bruce Nauman, affondano la loro essenza nei meandri della psiche umana. Il doppio ritratto dell’artista e di Barney, che appare come due personalità in una medesima testa, mostrano due stati vitali differenti: l’urlo e la meditazione. Trafitte da giavellotti, le teste sembrano uscite da un film di David Cronenberg. Tre versioni dei busti di Invidia, (dall’opera omonima di Giusto Le Court del 1670) e tre dei busti raffiguranti la Purezza (da La dama velata (Purità) di Antonio Corradini 1720) sono una trasposizione fin troppo estetizzante delle due figure barocche. L’artista – che nel nome ha adottato la X per marcare la distanza tra sé e la propria famiglia di origine quacchera che gli vietava l’ingresso nelle chiese – mantiene un fortissimo legame con il cristianesimo.
Il Castello Sforzesco di Milano ospita permanentemente, nella sala della Pietà Rondanini di Michelangelo, una copia della stessa, realizzata da X Ball, accanto all’originale. Nella riproduzione in 3 D, questi ha sostituito il volto di cristo con quello di Michelangelo e ha collocato l’opera specularmente all’originale levigando e ammorbidendo alcuni tratti. Il risultato – come per la riproduzione di Forme uniche nella continuità dello spazio di Umberto Boccioni da lui riproposta a Villa Panza – è una copia «quasi perfetta» appositamente variata in dettagli a volte impercettibili.