il Giornale, 30 giugno 2018
Intervista a Berlusconi: «Ecco la mia proposta sulla legittima difesa»
Presidente Berlusconi, Forza Italia rilancia la propria proposta sulla legittima difesa. Oltre che nel programma del centrodestra, è nel programma di governo, ma il ministro della Giustizia Bonafede frena. È per questo che avete rilanciato la vostra proposta?
«Come ha ricordato, non da oggi questa è una battaglia di Forza Italia, che per prima ha sollevato con forza questo tema delicatissimo. Già due anni fa la nostra attuale capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini, aveva presentato una proposta di legge alla quale la maggioranza di sinistra di allora non diede seguito. Abbiamo presentato una nuova proposta, ancora più approfondita e migliorata, all’inizio di questa legislatura. Spero che sia la volta buona».
Crede che la Lega non riuscirà a imporla come priorità?
«La Lega aveva condiviso il principio e aveva accettato di inserirla nel programma del centrodestra. La nostra legge che prevede il diritto di difesa è certamente la miglior legge a tutela dei cittadini anche rispetto alle loro proposte. Spero che la condivida e sia in grado di imporla alla maggioranza di governo gialloverde. Noi comunque continueremo la nostra battaglia parlamentare, con chi ci sta, su un tema che considero decisivo, non solo per la sicurezza degli italiani ma per un corretto rapporto fra Stato e cittadini in un sistema liberale».
Quindi pensa che alla fine le forze dell’attuale maggioranza andranno avanti sulla legittima difesa secondo le linee guida contenute anche nel programma di centrodestra?
«Posso solo augurarmelo».
Teme un veto del M5s?
«Il governo gialloverde è espressione di due forze politiche che fino a pochi mesi fa erano agli antipodi e queste contraddizioni si riflettono inevitabilmente sulla natura e sulle scelte dell’esecutivo, su questo come su altri temi».
Si tratta di una misura a costo zero. Perché secondo lei il M5s frena?
«Ho detto più volte che non considero il M5s adatto a governare un sistema liberale. Questo atteggiamento ne è la riprova. Vede, l’attuale impostazione della legittima difesa risale agli anni Trenta, al codice Rocco, uno strumento giuridico che riflette l’impianto idealistico dello Stato fascista. Questa impostazione, fortemente limitativa dei diritti del cittadino, assegnando allo Stato il monopolio dell’uso legittimo della forza concede al cittadino il diritto di difendersi solo in casi eccezionali. Non mi stupisce che piaccia ai Cinque stelle, ma è lontanissima da quella liberale. I liberali naturalmente non vogliono il Far West, ma considerano che quello di garantire la propria sicurezza sia un diritto, non una concessione: il cittadino paga le tasse perché sia lo Stato a svolgere questo servizio, attraverso la Polizia e i Carabinieri, ma non per questo perde il diritto a garantire la propria sicurezza, quella dei propri cari e dei propri beni. Ciò significa che quando un cittadino si difende compie un atto del tutto legittimo. I romani ci hanno insegnato che colui che è aggredito non ha la bilancia in mano e quindi non è in grado di conoscere esattamente il pericolo incombente. Per l’esattezza allora dicevano adgreditus non habet staderam in manu. E poiché spesso queste vicende si sono trasformate in un vero e proprio calvario giudiziario per chi si è dovuto difendere, lo Stato deve assicurare la copertura delle spese di chi è, fino a prova contraria, una vittima. Chi è stato costretto a reagire per difendere la propria vita non può essere anche rovinato economicamente da processi decennali. Come vede, è una rivoluzione copernicana: e infatti noi non parliamo di legittima difesa, ma di diritto alla difesa».
Come risponde a chi teme che modificare la legittima difesa possa trasformare l’Italia proprio in una sorta di Far West?
«Le uniche cose che mi piacciono del West sono l’idea di libertà e il sogno della Frontiera caro a tanti presidenti americani ai quali mi ispiro, da Kennedy a Reagan. Per il resto, da noi esiste lo Stato di diritto, che vogliamo migliorare e rafforzare, non certo abolire».
Casi come quello avvenuto in Maryland non la preoccupano rispetto all’uso facile delle armi?
«Non vedo il nesso: non pensiamo affatto di rendere più facile il possesso delle armi, che in Italia è sottoposto a un controllo assai restrittivo e che eventualmente potrebbe essere reso ancor più attento».
Come giudica la posizione avuta dall’Italia al Consiglio europeo?
«Mi viene in mente Shakespeare: Molto rumore per nulla. Abbiamo minacciato di usare il diritto di veto per portare a casa pochissimo sul fronte della gestione e del controllo dell’immigrazione. I 500 milioni stanziati sono una somma modestissima, del tutto insufficiente a rifinanziare il fondo fiduciario per l’Africa. La riforma di Dublino è rinviata a tempi migliori, ma soprattutto appare come una presa in giro l’idea che gli altri Paesi europei creino centri di accoglienza e di smistamento dei migranti su base volontaria. In concreto, nessun impegno a collaborare davvero: i migranti sbarcano in Italia, che quindi rimarrà l’unico Paese a non poter applicare questo concetto di volontarietà. Gli altri partner ci aiuteranno se vogliono, quando vogliono, nella misura che vogliono. Non mi sembra un grande successo, rispetto alle fermissime posizioni di partenza».
Le ultime Amministrative hanno dimostrato che il centrodestra è vincente ed è in grado di attaccare anche roccaforti rosse un tempo impenetrabili. Il governo Conte però si poggia su una maggioranza diversa con la Lega come azionista di peso. Questa anomalia potrà reggere a lungo? Teme il rischio di contraccolpi sull’alleanza di centro-destra?
«Spero, al contrario, che l’alleanza di centrodestra, che si è dimostrata vincente anche alle elezioni amministrative, torni alla sua vocazione naturale, che è quella di governare unita il Paese. Il governo gialloverde è un’anomalia derivata da una situazione eccezionale, non può essere certo il futuro dell’Italia. Certo, il centro-destra per essere vincente deve essere plurale: come sempre nella storia italiana, deve avere una forte componente di centro, deve rappresentare quell’altra Italia equilibrata, fattiva, concreta, che non vuole slogan ma impegni realizzabili affidati a persone competenti. Anche le elezioni amministrative lo hanno confermato: le posizioni identitarie della Lega raccolgono largo consenso, ma da sole rimangono in minoranza, persino in questo periodo di luna di miele del nuovo esecutivo».
Lei ha vissuto stagioni di governo e di opposizione quasi in egual misura. Questo momento storico, con questa situazione di opposizione parziale, può essere considerato il più difficile di sempre degli ultimi 24 anni?
«Nessuna opposizione parziale, siamo all’opposizione a basta. Come abbiamo fatto in passato con i governi di sinistra, se il governo fa scelte in favore degli italiani, soprattutto in politica internazionale, siamo pronti a votare favorevolmente i singoli provvedimenti anche dall’opposizione. Ma questo è semplicemente il nostro modo civile e patriottico di intendere il ruolo dell’opposizione democratica. Non credo che questo sia il momento più difficile per noi: penso anzi che questo scenario politico sia destinato a trasformarsi in tempi brevi, nonostante il successo momentaneo. Opporsi alla macchina da guerra del Pci nel ’94 era davvero molto più arduo. Piuttosto direi che questo è un momento difficilissimo per l’Italia e per gli italiani, che vivono sempre peggio e che hanno ampiamente dimostrato di essere vicini all’esasperazione. Li capisco benissimo, e abbiamo il dovere di dare delle soluzioni. Temo invece che la politica ancora una volta stia perdendo tempo fra annunci e operazioni di facciata».
Nel 2019 si voterà in Europa. Vede la possibilità che possa affermarsi un fronte sovranista e che possano essere scompaginati gli storici equilibri di Bruxelles?
«Non credo esista un fronte sovranista, credo esistano spinte pauperiste e giustizialiste che emergono in varie forme, diverse da Paese a Paese, approfittando della crisi della sinistra tradizionale, che in tutta Europa è in effetti ridotta al lumicino. Il centrodestra è in condizioni molto migliori, sul piano numerico e politico. Siamo gli unici ad avere gli strumenti per governare questa società sempre più complessa e disarticolata salvaguardando l’idea di libertà e allargando il benessere. Però è vero, occorre trovare linguaggi nuovi e un modo nuovo per rivolgerci a società europee che sono cambiate, che oggi sono frantumate e spaventate. La forza dei liberali sta comunque nel fatto che l’idea di libertà è l’unica che si adatta bene anche alle situazioni più complesse. È l’unica che offre soluzioni economiche, civili, sociali rispettose della persona e dei suoi diritti. Quindi, nonostante tutto, sono ottimista».
Ieri ha incontrato Salvini. Avete parlato della conclusione del vertice Ue?
«Sul vertice abbiamo avuto un confronto franco e ho ricordato a Salvini quanto sia sempre stato difficile avere dall’Europa risposte concrete soprattutto se non si ha una riconosciuta autorevolezza, argomenti convincenti e una linea di governo univoca».
Com’è il clima con la Lega?
«I rapporti personali non sono cambiati. Del resto con la Lega governiamo grandi regioni e molte città ed è anche sicuro il fatto che il centrodestra si presenterà unito anche alle prossime elezioni regionali (in autunno si voterà in Basilicata e Trentino Alto Adige, a inizio del prossimo anno in Sardegna, ndr). Ovviamente, pur mantenendo buoni rapporti, rimaniamo fermamente all’opposizione, convinti come siamo che questo governo gialloverde, non votato dagli italiani, non sia all’altezza delle esigenze del nostro Paese».