Il Messaggero, 30 giugno 2018
Pieraccioni: «A cinquant’anni dico finalmente la verità su di me»
A tre anni di distanza da Il professor Cenerentolo Leonardo Pieraccioni torna sul set. E sceglie di giocare in casa, ambientando nel Mugello – a 20 minuti dalla sua e a 30 da quella di Matteo Renzi, a Rignano sull’Arno – la commedia Se son rose. «Renzi? So che vuol fare tv, peccato, in un mio film lo prenderei subito come attore – ha scherzato il regista, in una pausa dal set – alla Leopolda faceva spettacoli che duravano sette ore, figuriamoci se non regge un film intero». Ambientato in una delle ultime riserve rosse della Toscana, nelle campagne intorno a Borgo San Lorenzo, Se son rose segue il collaudato copione di Pieraccioni: uno spunto autobiografico (stavolta un uomo divorziato che ricomincia a corteggiare le sue ex), una o più attrici a far da spalla (Claudia Pandolfi, Caterina Murino, Michela Andreozzi, Gabriella Pession) e un umorismo leggero da commedia garbata, privo di agganci con la realtà.
LA BIOGRAFIA
L’unica verità del film risiede, come sempre, nel richiamo alla biografia del regista, separato dal 2014 dalla compagna Laura Torrisi: «Ormai sono sicuro di appartenere alla categoria di uomo che non supera i tre anni di relazione. La maratona dell’amore è faticosissima, e io sono uno che la maratona la fa con le infradito, senza nemmeno le scarpe giuste. Ho compiuto 50 anni e mi sono fatto un regalo: girare un film che dica la verità su di me. Laura, quando le ho fatto leggere il copione, voleva chiedermi i diritti».
MARTINA
Nel cast, quasi tutto al femminile, spicca la presenza della figlia di Pieraccioni, Martina: «Mi sembrava giusto coinvolgerla, visto che il film parla anche dei rapporti tra genitori e figli. L’idea di richiamare le ex fidanzate per trovare una compagna al padre viene proprio da una ragazzina di 15 anni che vede suo papà distratto e vorrebbe farlo felice. È il sogno di tutti i figli di separati». Confezionato ancora una volta per Medusa, Se son rose uscirà a distanza di sicurezza dal Natale (il 29 novembre), nella speranza di far meglio deI film precedente, Cenerentolo di nome e di fatto, che nel 2015 portò in cassa poco più di cinque milioni (Un fantastico via vai, nel 2013, ne fruttò otto). «Oggi gli spettatori al cinema cercano la verità, bisogna evitare le gag facili e concentrarsi piuttosto nel raccontare una storia credibile», dice Pieraccioni. «Anche se mi sento un ventisettenne, non lo sono. Perciò d’ora in poi, al posto delle belle ragazze che ti sconvolgono la vita, racconterò sempre di più i figli. Mi piace raccontare l’età che ho».
IL CABARET
Nega, Pieraccioni, di sentirsi offeso per la mancata assegnazione di premi da parte del cinema italiano: «Non ho la sindrome del David di Donatello, perché non c’entro nulla con quei premi. Quelli come me sono maschere, non interpreti. Maschere sempre uguali a se stesse». E l’entusiasmo, quello vero, lo lascia trapelare parlando delle sue passioni alternative al cinema, prima fra tutte il cabaret. «La tournèe che abbiamo fatto io, Carlo Conti e Giorgio Panariello e stato un trionfo, a Firenze abbiamo battuto il record delle repliche che era di Roberto Benigni. Mi piacerebbe fare altre cose insieme a loro, ma sono troppo impegnati».
IL CANTO
Altra passione: il canto, nel quale si cimenta a volte nei film (in Se son rose canta la canzone Non ho parole d’amore), e più spesso sui social. Dove ha raccolto migliaia di click su Facebook con un brano, La ballatina delle promesse elettorali, dedicato alla politica: «I politici mi annoiano e sui social lo dico spesso. Se una persona ha un talento vero, non credo che gli verrebbe in mente di fare politica: farebbe altro. I politici mi fanno pensare ai matti che credono di essere Napoleone. Salvini? Renzi? Nessuna grande differenza. La politica è come un reality, vince l’ultimo che dice qualcosa che possa funzionare al televoto».