la Repubblica, 29 giugno 2018
Il figlio di Di Bartolomei: «Un’arma in casa porta guai, per mio padre fu fatale»
«Questa è la pistola con cui si è ucciso mio padre. Anche lui l’aveva presa per far sentire più sicura la sua famiglia». Luca Di Barlolomei, figlio di Agostino, indimenticato capitano della Roma che si è tolto la vita nel 1994, il Nino che non deve aver paura di tirare un calcio di rigore di Francesco De Gregori, vorrebbe parlare a quei 4 italiani su 10 che vorrebbero armarsi per sentirsi più sicuri, secondo i dati del Censis. Per questo ha postato su Facebook la foto di una Smith & Wesson 38 special, la stessa arma che ha ucciso il padre.
Cosa direbbe al 40 per cento di italiani che vorrebbero armarsi?
«Di andare su Internet una volta tanto per informarsi, di leggere numeri e statistiche. Di parlare con i Cocer, con le forze dell’ordine. Siamo invecchiati e sempre più soli. E abbiamo più paura. A farci sentire più protetti non sarà certo il fatto di avere una pistola. E anzi questo sarà pericoloso. Avremo più morti. Accidentali e non solo. Può capitare a tutti un momento di depressione e aver un’arma può fare la differenza».
È successo così per suo padre?
«Un momento di obnubilamento può capitare a tutti, può succedere che il cervello vada in off. E magari chi è intorno a noi non si accorge in tempo di cosa stiamo provando. Basta poco. E non lo dico in quanto figlio di una vittima, lo dico pensando ai miei figli e a quelli di tutti. Pensiamoci. Soprattutto nella realtà che stiamo vivendo che ci vede sempre più soli e con lavori sempre più discontinui e precari. Una pistola non produce mai più sicurezza ma più guai. Anche se qualcuno speculando sulle paure ci spiega il contrario».
Però il cosiddetto modello securitario ha convinto gli italiani.
«È stato un corto circuito. I delitti in quindici anni sono fortemente diminuiti ma la realtà dei fatti non ha avuto un peso. Qualcuno ci ha spaventati per poi proporci come salvarci, armandoci tutti».