Il Sole 24 Ore, 29 giugno 2018
Prima sentenza sugli influencer: stop al post di Fedez
La pronuncia si può definire “storica” per il mondo del marketing. Non solo perché per la prima volta il Giurì della pubblicità ha bloccato un post di un influencer sulla popolare piattaforma Instagram per il fatto che il suo messaggio non dichiarasse esplicitamente la natura pubblicitaria. Ma anche perché in questo primo caso che fa “giurisprudenza” in uno dei settori emergenti e meno regolati della pubblicità e del marketing 4.0 è coinvolto, come si deduce dal dispositivo, uno tra gli influencer più noti in Italia: si tratta del famoso rapper Fedez.
La pronuncia del Giurì dello Iap (l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria) in realtà non cita esplicitamente il rapper ma solo l’azienda (la Peugeout) a beneficio della quale sarebbe andato il post non etichettato debitamente, a esempio attraverso l’hastag #advertising. Il dispositivo però segnala anche che tra le «parti» convocate per questa pronuncia c’è la Newtopia Srl, l’etichetta discografica e agenzia creata da J-Ax e Fedez nel 2013.
A evocare il coinvolgimento del rapper è anche il messaggio censurato dal Giurì che riguarda una “storia” pubblicata a fine maggio su Instagram nei giorni degli Internazionali di tennis a Roma di cui nella rete rimangono numerose tracce e fotografie che mostrano Fedez provare un nuovo modello della popolare azienda francese di macchine. Il post incriminato citato dal dispositivo racconta proprio questa esperienza: «Mi stanno presentando tutte le nuove Peugeot che stanno uscendo e adesso ve le faccio vedere tutte, una ad una (…)». E ancora: «vedi, tu vieni agli internazionali di tennis – si leggeva sul post di Instagram non più visibile –, ti chiudi nella macchina in esposizione e metti il massaggiatore del sedile e sei a posto». Un messaggio questo che per il Giurì – come spiegato nella pronuncia appena pubblicata – rappresenta una comunicazione commerciale che però sul post non viene identificata debitamente. Da qui l’inbizione all’uso del messaggio da parte dell’azienda e alla sua riproposizione «con qualsiasi mezzo». Nella motivazione che uscirà nei prossimi giorni si capirà se si è trattato di una svista in cui sono incorse le parti dal momento che il dispositivo sottolinea «l’obiettivo effetto promozionale» quindi probabilmente al di là della volontà di porsi deliberatamente in contrasto con il Codice di autodisciplina che obbliga alla trasparenza della pubblicità (articolo 7). In ogni caso da oggi influencer e aziende dovranno stare più attenti nell’impiego di questa nuova forma di marketing che nel mondo muove già miliardi di euro.
Ma se negli Usa c’è da anni un’attenzione maggiore, in Italia finora il confine tra storytelling e pubblicità nel mondo degli influencer è ancora labile. Da qui gli interventi di “moral suasion” dell’Autorità Garante del mercato e anche il primo tentativo di legiferare (un ordine del giorno approvato insieme alla legge sulla concorrenza della scorsa estate). Ma soprattutto va segnalato che su questo fronte lo Iap ha pubblicato una «digital chart» con una serie di accorgimenti e best practice per maneggiare questa materia. A cominciare dall’invito agli influencer a pubblicare nel post la dicitura pubblicità-advertising e e gli hastag (tra i primi tre) #pubblictà e #advertising.