Il Sole 24 Ore, 29 giugno 2018
Nasce a Modena l’hypercar da 9 milioni
Si prepara a raggiungere la soglia dei 100 milioni di euro di fatturato quest’anno, dopo una crescita del 29% nel 2017. Ma non sono mai stati i numeri e i bilanci il motore di Horacio Pagani. E anche se la laurea ad honorem in Ingegneria del veicolo appena conferitagli dall’Università di Modena e Reggio Emilia lo indurrà a riconciliarsi con chi di mestiere fa calcoli («gli ingegneri non sono ingegnosi, non sanno volare» dichiarava pochi anni fa) il Leonardo italo-argentino che nel 1999 ha dato forma a Modena al suo sogno di bambino di creare «l’auto perfetta che ha tutto», continua a preferire il ruolo di designer e di creativo.
Non è infatti previsto alcun aumento dei volumi produttivi nella nuova fabbrica rinascimentale inaugurata lo scorso dicembre a San Cesario sul Panaro, che avrebbe potenzialità produttive almeno doppie rispetto alle 40 hypercar in costruzione quest’anno: «È già un impegno notevole così, noi produciamo con le mani prodotti esclusivi su misura del cliente che sono una sintesi di arte e scienza, di tecnologia che diventa bellezza. Chi compra una Pagani cerca non un’auto ma un’emozione e ha la sicurezza della tenuta del suo valore. La statistica ci fa vedere oggi prezzi da 4 a 8 volte quello originale: perdere questo focus sarebbe opportunismo e mancanza di rispetto verso i nostri clienti», sottolinea il fondatore e chief designer di Zonda e Huayra, i due modelli di supercar Pagani ispirati ai venti delle Ande. La Cinque Roadster (realizzata in soli cinque esemplari, come dice il nome) vale oggi 9 milioni di euro, contro i neppure 2 di quando è uscita dall’atelier modenese.
Sono 300 i bolidi in circolazione per le strade del pianeta capaci di raggiungere i 350 km/h con telaio in carbonio e titanio, motori Mercedes-AMG, pneumatici Pirelli e altri 3-4mila pezzi tutti assemblati a mano a San Cesario sul Panaro, esattamente a metà strada tra la Lamborghini di Sant’Agata Bolognese e la Ferrari di Maranello, nel cuore della motor valley emiliana e della sua filiera super-specializzata, dove Horacio sognava fin da piccolo di trasferirsi, quando a Casilda nella Pampa argentina intagliava modellini di auto in balsa. I clienti – non solo sceicchi arabi e nerd miliardari della Silicon valley ma anche vip del calcio come Lionel Messi e Steven Zhang – sono disposti ad aspettare anni da quando ordinano e pagano il gioiello esclusivo e personalizzato a quando possono schiacciare il piede sul pedale. Per capire: i 100 esemplari della Huayra Roadster sono già stati tutti venduti nel 2016 e «oggi siamo a un quarto della produzione», precisa Pagani. Dopodiché nei laboratori di San Cesario partirà la costruzione di 40 esemplari della Roadster BC, hypercar ancora più estrema e raffinata che i clienti avevano immaginato e prenotato ancor prima che Horacio avesse disegnato il bozzetto.
Il fatto che il 20% del fatturato e una persona su quattro in azienda sia focalizzato sulla R&S la dice lunga sul credo di Pagani. E lo sviluppo della divisione “Arte” dedicata ai materiali avanzati e al design non-automotive, su cui Pagani sta investendo risorse creative, tecniche e finanziarie, conferma una proiezione che va ben oltre le quattro ruote: «L’esempio Infinito fatto insieme ad Airbus (una cabina di lusso hi-tech per il business jet, ndr) è una dimostrazione. Normalmente se si lavora bene la terra, dopo la semina, c’è la raccolta», dice il neo-ingegnere.
Che sogno potrà avere ancora «l’ultimo esponente dell’automobilismo romantico» (definizione di un altro grande imprenditore della motor valley, Gian Paolo Dallara) dopo aver realizzato «con impegno e costanza, più che col talento», dice di sè Pagani, il miraggio dell’auto perfetta e dopo aver ottenuto i massimi riconoscimenti dal mercato, dai competitor e dalla comunità accademica? «Sento una grande responsabilità verso i clienti, i miei 130 dipendenti (erano 35 nel 2010, ndr) e tutti i fornitori e pertanto mi devo impegnare ancora a cercare di fare bene. Il passaggio generazionale fa anche parte di questo», risponde. I suoi due figli, Leonardo e Christopher, dopo aver progetto l’atelier modenese (un investimento da 12 milioni di euro per 6mila mq tra area produttiva e museo) sono oggi operativi tra la sede e le due filiali di San Francisco e Hong Kong. Ma un sogno c’è: «Proseguire lo studio di Leonardo, mio maestro di vita, attività che porto avanti da 50 anni – conclude Pagani, classe 1955 – studiare la mente e il corpo umano e soprattutto l’intestino e continuare a vivere intensamente con la consapevolezza che la vita corre troppo in fretta».