Corriere della Sera, 29 giugno 2018
Il soprano Yoncheva: «Io come Callas, ma niente confronti»
«Quando mi è arrivata la proposta del Pirata sono andata a sentire l’opera, ho studiato la partitura e visto chi l’aveva eseguita: a parte la scena finale non la conoscevo». E così Sonya Yoncheva ha scoperto che oggi alla Scala l’attende una serata storica: l’opera con cui il giovane Bellini si presentava nel 1827 al pubblico milanese manca al Piermarini da sessant’anni; nel 1958 a interpretarla fu Maria Callas.
«Non voglio e non posso paragonarmi a lei e credo di aver accettato questo ruolo proprio perché non cerco confronti: chi mette la propria carriera davanti a tutto potrebbe voler evitare un ruolo così difficile e rischioso, io non voglio essere una diva ma semplicemente una musicista, quindi penso solo alla bellezza di quest’opera e alla responsabilità che ho nel riportarla su questo palcoscenico dopo così tanto tempo», spiega il soprano bulgaro, che comunque stella della lirica è già diventata, e proprio con i ruoli che crearono il mito della Callas: ha conquistato il Metropolitan di New York dando voce a Tosca, ha incantato in Norma e se le si fa notare che solo due titoli non erano stati ripresi alla Scala dai tempi della Callas, Il pirata e la Medea di Cherubini, risponde che «a ottobre canterò anche Medea, a Berlino con Barenboim». Intanto il presente è tutto per Imogene, l’eroina del Pirata: «Un ruolo difficilissimo e massacrante, devi dare tutto per tutte e tre le ore dell’opera perché Bellini sparge acrobatici virtuosismi dall’inizio alla fine. Il passaggio più impervio è la stretta del terzetto alla fine del secondo atto: è uno dei non pochi passi che, seguendo vecchie consuetudini, venivano tagliati per snellire l’opera; ma qui viene mantenuto quasi tutto, compreso questo terzetto; diciamo che se l’avessero espunto non avrei pianto, ma va bene così».
Pur consapevole delle difficoltà e delle enormi attese che l’opera suscita, Yoncheva non trema: «Sono entrata immediatamente in sintonia con questo tipo di vocalità, la percepisco vicina alle mie caratteristiche e mi sembra che faccia molto bene alla mia tessitura». Più che pensare all’impegno tecnico, preferisce concentrarsi sulla presenza scenica richiesta e sulla bellezza di questa musica: «È un’opera che richiede grande recitazione ed è splendida: la scena finale è un connubio di canto e psicologia vertiginosi, culmine di un percorso che fin dalla tempesta iniziale è pieno di momenti meravigliosi».
La tranquillità è anche avere il figlio di tre anni e mezzo al proprio fianco invece della solitudine di un albergo: «Mi hanno dato un appartamentino vicino a Porta Venezia, così lui è più libero di muoversi e di giocare. Al Pirata non verrà, ma lo porterò all’Elisir d’amore per bambini che faranno in Scala venerdì: è la sua opera preferita, c’era quando l’ho interpretata al Met con mio marito (il direttore d’orchestra Domingo Hindoyan, ndr)». Prima di salire sul palco non vivrà una giornata speciale: «Quella normale di una mamma; prima di andare a teatro preparerò da mangiare a mio figlio».