Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 29 Venerdì calendario

Gli sbarchi in calo e la paura in aumento: quando la politica amplifica le percezioni

L’immigrazione domina le preoccupazioni degli italiani e di quasi tutti gli altri europei. Liquidarla come una questione inesistente, o illusoria, sarebbe un atto di miopia; nessun governo democratico ha diritto di ignorare ciò che turba i suoi elettori. E i flussi di persone che negli ultimi anni sono entrate nell’Unione Europea dal Medio Oriente o dall’Africa rientrano esattamente in questa categoria. L’ultimo Eurobarometro, il sondaggio raccolto dalla Commissione Ue, mette gli immigrati al primo posto fra i temi che mettono gli elettori europei più in apprensione: lo cita quasi un europeo su quattro. In Italia, uno dei grandi fronti degli sbarchi degli ultimi anni, ciò è ancora più vero: il 41% degli elettori vede nell’immigrazione il problema numero uno, anche se il numero degli stranieri nel Paese è quasi fermo da anni sotto quota sei milioni e gli irregolari («clandestini») erano ben più numerosi nel 2008 o nel 2002. Goffredo Buccini sul Corriere il 21 giugno nota non a caso che i numeri da soli non dicono mai tutto: anche quando sono relativamente pochi, gli immigrati sembrano sempre più numerosi nelle periferie povere nelle quali si addensano. 
I politici – in Baviera, come in Italia, in Francia o in Svezia – di rado resistono alla tentazione di tuffarsi nella breccia fra la logica fredda dei numeri e le percezioni di chi vota. Horst Seehofer, il ministro dell’Interno tedesco, minaccia di far cadere il suo governo e terremotare la politica europea se la cancelliera Angela Merkel non strappa un accordo sui respingimenti in frontiera entro pochi giorni. Eppure i tentativi di ingresso di irregolari in Germania sono crollati del 93% in due anni e ormai più della metà sono respinti con le regole esistenti. Il cancelliere di Vienna Sebastian Kurz è altrettanto risoluto nei confronti dell’Italia eppure, nota Matteo Villa dell’Ispi, già nel 2016 erano più gli irregolari che passavano dall’Austria verso Sud che dall’Italia verso Nord. E Matteo Salvini in Italia ha fatto la sua campagna dietro il cartello «Stop Invasione». Ma l’anno scorso il numero degli stranieri nel Paese – irregolari inclusi – è cresciuto di appena 9 mila unità (lo 0,01% della popolazione residente), mentre gli sbarchi erano in calo del 66% nel giorno del trionfo elettorale della Lega e del 78% mentre Salvini giurava da ministro dell’Interno (oggi siamo a meno 77,3%). Quanto agli irregolari, in Italia si stima ne vivessero 250 mila in più 15 anni fa e 150 mila in più all’inizio della Grande recessione. 
I dati sono raccolti da fonti ufficiali, con rigore, da Matteo Villa dell’Ispi e ricordano una duplice verità: le percezioni delle persone sono fondamentali ma i numeri, se esprimono la realtà, contribuiscono a plasmarle. C’è per esempio un dato fra i tanti elaborati da Villa che potrebbe spiegare parte dei cali di oggi negli arrivi dalla Libia e forse anche di quelli del futuro prossimo. Perché ormai i calcoli di coloro che partono stanno profondamente mutando. Come mostra il grafico in pagina, anche solo poco più di un anno fa chi salpava dalla Libia a bordo di un barcone aveva circa il 98% di probabilità di approdare in Italia (il restante 2% circa affogava nei naufragi). Nel 2018 invece sono approdati sul suolo dell’Unione Europea poco più del 40% dei migranti, in febbraio e marzo, e meno del 60% in aprile e maggio. I naufragi sono fortemente calati, per fortuna. Ma tutte le altre barche sono state intercettate in acque libiche dalla Guardia costiera di Tripoli – equipaggiata dal precedente governo italiano – e riportate indietro. Queste dinamiche alla lunga incidono a fondo sulle decisioni dei migranti.
Il viaggio costa infatti a ogni giovane subsahariano tra mille e 5 mila dollari. Spesso sono anni di reddito di un’intera famiglia, da versare ai trafficanti: un investimento che si affronta più facilmente se la prospettiva di arrivare in Europa è concreta; ma non resta appena una possibilità su due di restare bloccati in Libia e perdere così nelle mani di criminali il frutto di anni di fatica e di speranza.