la Repubblica, 28 giugno 2018
L’invasore è la Xylella
Il vicepremier e ministro dell’Interno Salvini ci ha tutti elettrizzati in veste di condottiero vittorioso contro una selva di nemici da ridurre in cenere con una delle sue celebri occhiate fulminanti (purtroppo quelle dell’altro vicepremier sono troppo zuccherine) che fanno innamorare sempre di più grandi e piccini. A noi che siamo stati piccoli italiani figli della lupa e balilla ai tempi della guerra, ci piace paragonarlo al cattivissimo Gambadilegno, che amavamo in quanto nemico dell’antipatico Topolino, troppo giudizioso. E odiavamo l’Europa che ci aveva comminato le sanzioni perché il da noi venerato Lui faceva fuori gli abissini coi gas perché si permettevano di vivere in quello che doveva diventare il nostro purtroppo temporaneo Impero.
Il nuovo Lui, attuale salvatore della Patria, è troppo impegnato a eliminare la pacchia di neri, marron e beige, per impegnarsi a iniziare la realizzazione della pacchia promessa agli italiani, sia poveri che ricchi, bianchi e talvolta color gianduiotto, in quanto anche noi originari del primo essere umano, una femmina africana, e con le nostre terre nei secoli invase da turchi arabi saraceni mammalucchi unni e visigoti. Poi nella Seconda guerra mondiale l’occupazione da parte di reparti afroamericani, e marocchini algerini e senegalesi dell’esercito francese. Più Balotelli.
Si aspetta giubilando che anche l’ultimo migrante si perda in mare. Certo ci vorranno decenni, ma poi sapendo quanto Lui sia Lui solo se indica un nemico, gliene indichiamo uno potentissimo e per ora invincibile, di cui però bisogna occuparsi subito: il batterio Xylella fastidiosa che trasportato dall’insetto detto “sputacchina”, da qualche anno è arrivato da noi. Lui può certo dire, ma a me che me ne frega: però per invogliarlo gli segnaliamo che si tratta di un assassino vegetale proveniente dalla Costa Rica, nazione in cui abbondano neri, amerindi, e meticci che però vivendo nel Paese definito il più felice al mondo, non si sognano certo di venire da noi a “rubarci il lavoro”.
È da lì che provengono meravigliose piante ornamentali dai piccoli fiori bianchi che stanno diffondendo il batterio anche in Spagna, Portogallo, Francia, dove attacca i vigneti come in California, in Brasile dove uccide gli agrumi. Il dottor Carmelo Buttazzo, agronomo appassionato di Lecce, dice che stiamo perdendo un patrimonio paesaggistico, storico, economico e pardon, culturale, unico al mondo, quello del Salento, la sola terra dove esistono piante di ulivo che hanno più di duemila anni e anche per questa sua meraviglia sontuosa e primitiva attira un turismo purtroppo radical chic, però spendaccione.
La malattia sta già estendendosi in altre parti della Puglia e potrebbe invadere tutta l’Italia, e se non ci si impegnerà a contrastarla, siamo destinati alla desertificazione. L’Unione europea, che a Lui però sta antipatica, ha già bloccato l’arrivo delle piante pericolose e stilato alcune indispensabili disposizioni per tentare di arrestare l’orrore. Anche la Regione Puglia minaccia ammende, ma solo un arroventato e terrorizzante intervento di Lui, sul popolo, sui grandi produttori di olio d’oliva, sugli studiosi e ricercatori, sui suoi Suoi ormai insediati ovunque, potrà convincerli a dedicare almeno un pensiero a questa nostra povera Italia minacciata dall’estinzione di una sua inimitabile bellezza e di un suo prodotto prezioso.