la Repubblica, 28 giugno 2018
Balene, orche e delfini: un censimento vi salverà
La sfida è capire se le 40 orche che nuotano tra Atlantico e Mediterraneo, vicino allo Stretto di Gibilterra, hanno parenti ormai residenti in maniera stabile in altre zone del nostro mare. O se gli zifi, così schivi e difficili da avvistare, siano pochi oppure fino a oggi non siano stati cercati abbastanza. Per sciogliere questi dubbi dal primo giugno, e fino a settembre, oltre cento scienziati sono impegnati nella prima ricognizione su vasta scala dei cetacei del Mediterraneo, sotto l’egida dell’Accobams. L’Accordo sulla conservazione dei cetacei nel Mar Nero, nel Mar Mediterraneo e nell’area atlantica contigua (accordo che nasce dalla cooperazione tra i segretariati di tre convenzioni per la protezione delle aree marine) coordina infatti cinque navi da ricerca e otto aerei bimotore che setacciano il Mediterraneo alla ricerca delle 21 specie di cetacei comuni e meno del nostro mare. Per quanto infatti il Mediterraneo rappresenti soltanto l’1 per cento delle acque del globo, si calcola che accolga il 10 per cento della biodiversità dell’ambiente marino mondiale.
Fino a oggi le stime sul numero dei cetacei erano limitate all’osservazione puntuale di alcune zone ristrette e hanno accertato la presenza di 11 specie stanziali. Con l’iniziativa Accobams, invece, si «cerca di avere il quadro generale della situazione» spiega Giancarlo Lauriano dell’Ispra, ente italiano coinvolto nel censimento insieme al ministero dell’Ambiente. Lauriano è tra i ricercatori che salgono a bordo dei bimotori per raccogliere i dati e ha contribuito anche al complesso lavoro di preparazione delle attività. «La progettazione è partita oltre due anni fa – dice – il primo passo è stato un’intensa attività diplomatica per richiedere i permessi alla navigazione e al sorvolo di acque pertinenti a vari Paesi. È stato un lavoro faticoso, rallentato da lungaggini burocratiche perché spesso i permessi venivano accordati dopo consultazioni con più ministeri». Quanto ai fondi, Accobams conta su un proprio budget, sul sostegno di alcuni ministeri per l’Ambiente (tra cui quello italiano) e sul finanziamento di alcune fondazioni. «È la prima volta che si crea una rete per la raccolta e il confronto immediato dei dati – sottolinea Lauriano. «Dall’aereo dotato di ala alta e tenuto a velocità costante per permettere l’osservazione e il calcolo trigonometrico, quando avvistiamo un animale siamo in grado di inviare subito i dati a un software ed elaborarli simultaneamente. Più che di censimento si deve parlare di stima – precisa – ma i numeri e il metodo usato ci daranno un’attendibile fotografia generale».
Come sempre accade con questo tipo di osservazione i ricercatori contano su alcuni “sottoprodotti” dell’attività: «Non registreremo soltanto la presenza dei cetacei, ma annoteremo anche gli avvistamenti di alcune specie di particolare interesse sia commerciale, sia naturalistico.
Sarà un’ottima occasione per capire qual è la presenza della mobula, una specie di manta fortemente minacciata dall’inquinamento e dalla pesca accidentale, ma anche delle tartarughe e del pesce spada».
I sorvegliati speciali sono comunque i cetacei, in particolar modo i cosiddetti “deep divers” cioè quelli specializzati in immersioni profonde, come i capodogli, o quelli avvistati più di rado, come i grampi. «È un lavoro di base per elaborare strategie per la tutela dei cetacei e della biodiversità marina», conclude Lauriano. Secondo la Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura) 12 tra le specie di cetacei che abitano il Mediterraneo sono a rischio di estinzione.