il Fatto Quotidiano, 28 giugno 2018
Trenini, crocifisso e Baviera: ritratto di Horst, gran nemico di Angela
Prima di tutto bavarese. Ma anche cattolico e conservatore. Horst Seehofer è il politico che sta mettendo in discussione la storica unione democratica cristiana e sociale della Germania. È l’ex governatore dello Stato più ricco del Paese che chiuderà la sua lunga carriera politica a livello federale. Ministro per la terza volta nella non troppo amata Berlino, Seehofer guida gli Interni praticamente con un solo obiettivo: le elezioni regionali nel proprio land in programma in autunno. Il suo partito, la Csu, dispone della maggioranza assoluta e più che governare, regna. Per evitare lacerazioni aveva ceduto la carica di primo ministro, ricoperta tra il 2008 e il 2018 a livello locale, accentando di traslocare nella Capitale per occuparsi di quello che secondo il movimento bavarese è il tema chiave, l’immigrazione. Che è stato anche alla base del crollo elettorale alle consultazioni federali dello scorso settembre. Ma il dubbio da chiarire è se la temuta Alternative für Deutschland (Afd), che in Baviera ha raccolto la più ampia percentuale di consensi nella parte occidentale del Paese, abbia beneficiato del “risentimento” per l’ondata migratoria del 2015 o dello stillicidio di polemiche innescate da Seehofer e dal suo partito nei confronti di Angela Merkel.
Un recente sondaggio dell’istituto Forsa su un campione di 2.500 persone assegna alla Csu appena il 40% e il candidato governatore Markus Söder avrebbe un gradimento analogo a quello che aveva in dicembre Seehofer, del quale ha preso il posto qualche mese fa.
Seehofer è un politico sul viale del tramonto: il 4 luglio compie 69 anni, quasi 40 dei quali trascorsi nella Csu, partito al quale ha aderito nel 1971. Il ritorno a Berlino non è una promozione. È uno dei quattro figli di un muratore e autista di camion. Risoluto e non troppo diplomatico, una tendenza che condivide con altri leader bavaresi che preferiscono distinguersi come “uomini del fare” (uomini sì, perché le donne in questo partito hanno ruoli più marginali), Seehofer è stato catapultato al potere grazie alle dimissioni di Günther Beckstein, che nel 2007 aveva guidato il partito al peggiore risultato dal 1954 in poi.
Anche per la statura, è alto 193 centimetri, è abituato a guardare gli altri dall’alto verso il basso. Quando non vuole rispondere, sorride. Ma è diretto e immediato: difficile equivocare il senso delle sue parole.
La Baviera ha varato una legge che impone il crocifisso negli uffici pubblici: un richiamo alle origini cristiane, ma soprattutto un segnale politico. Per essere un cattolico, Seehofer si è concesso qualche “licenza”. Si era sposato una prima volta con Christine Hildegard, con la quale è rimasto tra il 1974 e il 1982. Dalle seconde nozze, con Karin, di 9 anni più giovane, sono nati tre figli. E da una relazione extraconiugale ha avuto una figlia, nata nel 2007.
Seehofer è uno dei pochi politici di alto livello a non avere una laurea, anche se dal 2010 l’università cinese di Qingdao gli ha conferito il titolo di “professore”. È molto più attento alle auto. In qualità di governatore valorizzava in egual modo Audi, il costruttore di Ingolstadt, la città dove è nato e risiede, e Bmw, la casa di Monaco: alternava le due marche bavaresi per le vetture di rappresentanza.
Sui migranti sta adottando la linea durissima, tanto da rischiare la rottura con la cancelliera e mettere in forse l’alleanza conservatrice con la Merkel. Ne vuole veder arrivare il meno possibile ed era riuscito a ottenere una soglia massima di 200 mila arrivi l’anno. Appena diventato ministro aveva innescato una polemica con la cancelliera dichiarando che l’Islam non appartiene alla Germania. Nel 1987 si era distinto per un discutibile progetto per concentrare i malati di Aids in strutture dedicate. Il piano era stato rigettato da tutti i Länder. Sua è stata anche “l’intuizione” del pedaggio autostradale per i soli automobilisti stranieri, vessillo della campagna elettorale del 2013. Se ne era poi occupato il “suo” delfino e ministro dei Trasporti, Alexander Dobrindt. L’operazione era stata avallata dall’Ue che aveva inizialmente aperto una procedura d’infrazione, ma l’Austria ha presentato ricorso al tribunale europeo per i suoi contenuti discriminatori. “I tedeschi pagano nella maggior parte dei paesi europei”, aveva dichiarato. “Per questo anche gli stranieri dovrebbero pagare anche in Germania”, aveva aggiunto. Una questione di “equità”, insomma.
L’allora governatore si era naturalmente dimenticato di aggiungere che negli altri paesi gli automobilisti pagano le autostrade come gli stranieri. Dettagli per Seehofer, che potrebbe festeggiarne l’introduzione forse a metà del prossimo anno. E che aveva anche fatto sapere di essere disposto a negoziare sulle quote rosa pur di ottenere il pedaggio. Da quando è ministro degli Interni gioca un po’ all’attacco, per la campagna elettorale, e un po’ in difesa, come quando era il portiere del Bayern München: giocava a pallamano nella prima divisione regionale. Tra le sue grandi passioni ci sono i trenini: nella casa delle vacanze ha un grande plastico dove tutto funziona secondo copione. Cioè secondo un programma sviluppato da lui. Non come in politica.