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 2018  giugno 28 Giovedì calendario

Abbiamo il viso in 3D di Giulio Cesare: era brutto, con la testa grande e gli occhi piccoli

Gli occhi piccoli e troppo ravvicinati, la testa quasi deforme, la calvizie incipiente. Date a Cesare quel che è di Cesare, anche se non rende onore al mito. La storia cambia look e le star dell’antichità devono fare i conti con le tecnologie sempre più sofisticate che non lasciano scampo ai difetti. Quello che il marmo millenario aveva smussato, riaffiora inesorabile sotto i colpi dell’antropologia fisica e delle scansioni tridimensionali. Il primo idolo dei fasti capitolini crolla. Succede a Giulio Cesare, console, dittatore, politico rivoluzionario che giocò un ruolo chiave nella trasformazione della repubblica romana in impero, ucciso nelle idi di marzo del 44 a.C. A svelare il suo vero volto è la ricostruzione 3D presentata al Museo Nazionale delle Antichità di Leida, nei Paesi Bassi, in occasione dell’uscita della biografia del generale romano firmata dall’archeologo Tom Buijtendorp. 

LE FONTI
La raffigurazione è stata messa a punto da Maja d’Hollosy, archeologa e antropologa fisica specializzata nella ricostruzione dei volti.
Come? La sua équipe è partita dalla scansione di un busto in marmo conservato nel museo olandese e considerato il più antico ritratto di Cesare. Ma il contributo italiano è stato risolutivo. Il reperto, infatti, è lacunoso: mancano il naso e il mento. Ecco allora che la completezza della fisionomia è stata ottenuta attraverso il busto di Tusculum, ritratto rinvenuto nel sito dell’antica città di Tusculum, nei Castelli Romani durante le campagne di Luciano Bonaparte nel 1810 e conservato del Museo Archeologico di Torino, nel complesso dei Musei Reali. Il tutto rifinito sull’effige di Cesare impressa su una moneta antica. «Il busto di Torino è uno dei ritratti più significativi di Cesare perché è una copia marmorea di un originale in bronzo che deve aver visto davvero Cesare», spiega Elisa Panero curatore delle collezioni archeologiche dei Musei Reali di Torino. «In quest’ottica, è il ritratto più concreto e non certo una raffigurazione di seconda mano», continua la studiosa. Ne viene fuori un volto per nulla idealizzato. Cesare (possiamo dirlo?) non era bello: «Aveva una grande personalità», replica Panero, e non lo dice con ironia: «E che una spiccata personalità non sempre segua caratteri ideali di bellezza, in Cesare ora è testimoniato». «Le fonti stesse non hanno mai fatto mistero che Cesare non fosse proprio un Adone – riflette Panero – ma ora questa ricostruzione ne esalta il suo volto irregolare, imperfetto, duramente vissuto». Lo sguardo è tutt’altro che fiero, acuto e penetrante, da condottiero delle legioni alla conquista della Gallia. E quel capoccione rimanda in modo spietato ad una deformità legata alla nascita e a quel suo parto difficile, come riportano le fonti. 


LA TECNOLOGIA
La grande bellezza perduta di Giulio Cesare è un altro colpo messo a segno dalle nuove frontiere dell’antropologia hi-tech. Le tecniche da medicina legale da Csi – per citare una serie tv molto pop – si alleano con l’archeologia per dare i volti ai nostri antenati, ma anche a tante celebrità della storia. «Acquisendo dati fotogrammetrici o tomografici dai crani rinvenuti, riusciamo a ricostruire i volti di persone ormai estinte, basandoci sulla perizia di quelli che ormai chiamiamo paleo-artisti», racconta Giorgio Manzi, professore ordinario di paleoantropologia all’università la Sapienza, che ha partecipato in prima linea alla ricostruzione dell’Uomo di Altamura (Neanderthal). «Un’operazione complessa perché il cranio dell’Uomo cosiddetto di Altamura è ancora sotto terra – spiega Manzi – A sei metri di profondità del sito carsico siamo riusciti, infatti, ad estrarre virtualmente il teschio con il laser scanner, ottenendo un modello digitale che ci ha permesso di affidare la morfologia del cranio a colore che ormai chiamiamo a tutti gli effetti paleoartisti, tecnici virtuosi che hanno saputo così ricostruire il volto di questo nostro speciale antenato, in modo del tutto affidabile». È dalla combinazione di dati scientifici, ma anche dall’arte e dalle fonti iconografiche, che rinascono i volti tradotti in «modelli iperrealistici», come li chiama Giorgio Manzi. La galleria di celebrità messa insieme negli ultimi dieci anni si è arricchita. Il rivoluzionario Robespierre, ottenuto da un calco in gesso del 1794, e ancora re Riccardo III, dal cranio incredibilmente trovato in un parcheggio di Leicester. Ecco Ötzi, meglio noto come l’Uomo di Similaun, ricostruito dalla mummia esposta a Bolzano nel 2011, e persino Dante Alighieri dai dati ricavati dai resti rinvenuti all’inizio del 1900. Fino al caso di Gesù, frutto di un’indagine sulle tracce di Dna contenute nella Sindone. Identikit ricomposti anche per il leggendario Faraone Tutankhamon grazie alla Tac sulla mummia, e per Cleopatra, la regina seduttrice più famosa dell’antichità, la cui bellezza («altro che Liz Taylor») sarebbe stata smontata dal ritratto di profilo su una moneta. Coinvolto anche un artista come Giotto e il compositore Bach. E Sant’Antonio da Padova.
FEDELTÀ
«Certo più la ricostruzione si basa su dati scientifici e più è obiettiva», aggiunge Paola Francesca Rossi, responsabile del servizio di antropologia del parco archeologico di Ostia Antica. «Più si lavora con reperti ossei originali e con tracce di Dna, più si riduce il livello di fantasia creativa nella ricostruzione – precisa la Rossi – Insomma, non dimentichiamoci che la ricostruzione dei volti di personaggi del passato è una scienza a tutti gli effetti».