La Stampa, 27 giugno 2018
L’era dei voxel. Una tecnica rivoluzionaria crea oggetti dai dati numerici
Ai computer i dati piacciono grezzi. E l’Intelligenza Artificiale addirittura li adora, perché così li può processare, ricavando regolarità e modelli che ai cervelli umani sfuggono. Ai nostri neuroni, invece, i dati suscitano reazioni bipolari, di euforia e di angoscia, vista la labirintica quantità (non a caso sono diventati popolari con la definizione di Big Data). Ecco perché la nuova tecnica di stampa 3D voxel sta entusiasmando gli scienziati. Per la prima volta assistono a una metamorfosi che ha del magico: gli onnipresenti dati si trasformano in oggetti. Iper-dettagliati e coloratissimi, sono fatti per essere toccati, esplorati, condivisi. Giocattoli da laboratorio.
«Si elimina la separazione digitale-fisico», è scritto in toni enfatici su «Science Advances». A sostenerlo Neri Oxman, a capo di un team del Massachusetts Institute of Technology di Boston, annunciando quella che è una sofisticata opera di traduzione. Dalla folla di numeri potenzialmente ostili si salta a rappresentazioni concrete che dialogano in modo naturale tanto con il lato cognitivo quanto con quello emozionale di noi stessi. Che sia l’incarnazione di una proteina, la concretizzazione dei circuiti cerebrali o, ancora, la ricostruzione di un artefatto archeologico l’effetto è mozzafiato: merito dei potentissimi voxel, i «dot» solidi in grado di arrivare a una definizione di 2.3 milioni per centimetro cubo. Si animano con qualunque tinta o combinazione grazie a sei inchiostri-base, mentre il modello si materializza strato dopo strato, sbocciando nelle forme più bizzarre (e finora inarrivabili per le stampanti 3D standard).Mai i numeri si erano rivelati così belli e artistici. Così seducenti.