La Stampa, 27 giugno 2018
La corsa infinita al signore dei computer. Il più potente è Usa, ma la Cina è il primo produttore
È in grado di eseguire 200 milioni di miliardi di calcoli al secondo. Per capirci, un essere umano che contasse alla velocità di un calcolo al secondo dovrebbe vivere oltre 6,3 miliardi di anni per completare la stessa operazione. Diversamente, se ci impegnassimo tutti, sulla Terra, facendo sempre un calcolo al secondo, ci metteremo 305 giorni. Ancora, se volessimo mantenere la stessa velocità, avremmo bisogno di 20 stadi che ospitino ciascuno 100 mila persone con un laptop moderno. Già, perché stiamo parlando di un computer. Il supercomputer più potente del Pianeta.
I magnifici 500
Si chiama Summit ed è stato sviluppato dagli ingegneri dell’Ibm per l’Oak Ridge National Lab del dipartimento dell’Energia degli Usa, nel Tennessee. Summit, che sarà operativo tra poco tempo, batterà TaihuLight, il competitor cinese del 60% più lento. A certificare i numeri è la lista dei «Top 500», il progetto americano che dal 1993 stila la classifica dei 500 supercomputer più potenti. Cina battuta sulla qualità, per questa volta, ma non sulla quantità: è ancora il principale produttore di supercomputer con il 24% di quota nella prestigiosa lista (in cui compare, nella top ten, la supermacchina Hpc4 dell’Eni).
Creature come Summit rappresentano l’arsenale della modernità: se nel secolo scorso le esibizioni muscolari tra l’Occidente e l’Oriente si facevano mostrando il potenziale atomico, oggi si fanno con la potenza di calcolo. Questi giganti sono impiegati nella ricerca biomedica, nella progettazione di nuovi materiali e nelle tecnologie energetiche. Ma quel che più importa, tra superpotenze, è l’impiego nel condurre la simulazione di test nucleari, le previsioni delle tendenze climatiche e la ricerca di petrolio. E ciò che «spaventa» di più è il ruolo che avranno nell’avanzamento dell’Intelligenza Artificiale, come ha del resto auspicato John Jelly, uno degli scienziati che all’Ibm ha diretto la costruzione di Summit.
Se lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica vi inquieta, pensate cosa potrebbero fare i governi con queste «armi». Di certo l’arsenale informatico è il baluardo a difesa della sicurezza nazionale e – ha commentato il «New York Times» – motivo dell’escalation di rivalità tra Usa e Cina sulla tecnologia. Sostenere una simile competizione è una scommessa scientifica ma anche economica. Washington spende centinaia di milioni di dollari all’anno nei supercomputer e basta dare un’occhiata alle caratteristiche di Summit per rendersi conto di quanto lavoro vi sia dietro: è composto da «file» di unità delle dimensioni di un frigorifero che pesano complessivamente 340 tonnellate, alloggiate in una «stanza» da 850 metri quadrati. È alimentato da 9216 chip e 27.648 processori grafici collegati da 287 chilometri di cavo in fibra ottica. Per raffreddare le sue memorie sono necessari 15 mila litri di acqua al minuto e tanta energia elettrica quanta ne servirebbe per alimentare 8100 case.Rincorsa da recordIn questa rincorsa Ibm è l’azienda dei record. Sua l’impresa di avere realizzato il calcolatore più potente ma anche il più piccolo (sebbene poco potente) al mondo. Record, quest’ultimo, detenuto dal 2014 ma battuto in casa, quest’anno, dall’Università del Michigan. È più piccolo di un chicco di riso, con i suoi 0,3 millimetri per lato, ma non per questo meno utile di Summit. Anzi, proprio come nel celebre romanzo «Viaggio allucinante» di Isaac Asimov potrà «viaggiare» come una navicella all’interno dell’organismo umano: rileverà la pressione nell’occhio, diagnosticando il glaucoma, e analizzerà le cellule tumorali riferendoci meccanismi patologici che ancora non conosciamo. C’è poi chi ipotizza un utilizzo per «scavare» nelle profondità della terra e cercare giacimenti di petrolio. Il futuro è quest’anno e i tecnofobi sono avvisati.