La Stampa, 27 giugno 2018
Bunker, cocktail e nostalgia. Viaggio nella Russia di Putin
Samara – 37 metri sottoterra, lo studio di Stalin è pronto all’uso, il telefono per gli ordini, la lampada verde, il bagno minuscolo, il salone per le riunioni, con la poltrona più alta, mi spiega la guida E., «per la guardia del corpo». Il dittatore russo non mise mai piede nel bunker capace di resistere a ogni bomba, grazie a 4 metri di cemento armato, alternati a strati di sabbia per assorbire le esplosioni, «il bunker di Hitler fa ridere al confronto, profondo solo 16 metri!». E. ne è fiera, «la nostra città, allora si chiamava Kuybyshev, ospitò il governo nel 1941, con i nazisti alla periferia di Mosca. Solo Stalin non se ne andò».
Il fresco, protetto da porte in acciaio, è delizioso, 37 metri sopra Samara ribolle a 35 gradi, i tifosi del Mondiale accaldati sui viali svuotati dai posto di blocco antiterrorismo. Si scende a piedi, piano dopo piano come in una Macchina del Tempo, i ritratti di Marx e Lenin, (E. si complimenta, «Ha riconosciuto Engels, lo han dimenticato tutti!»), le bandiere rosse dell’Urss madrepatria socialista. Oggi solo il 7% dei russi crede che Stalin abbia avuto colpe durante la II guerra mondiale, il 38% lo considera «il russo più importante della storia», seguito, con il 34%, dal presidente Vladimir Putin e dal poeta Pushkin, i cui versi si imparano a scuola, «finché vennero anche gli anni, Dell’inquieta giovinezza, Dei bei sogni, e i primi affanni...».
La devozione di E. è il capolavoro di Putin. Il consenso dell’80%, impensabile in Occidente, gli viene dall’avere ricomposto l’ancestrale identità russa, smarrita dopo rivoluzione, gulag, guerra, fine dell’Urss, oligarchi a divorare il Paese.
La Stalingrado che fu
A Volgograd, l’ex Stalingrado dell’epica battaglia ’42-’43, Dimitri non ama invece il presidente: «Sono cattolico, convertito dalla Chiesa Ortodossa che Putin sostiene, mentre Stalin usava i marmi delle basiliche per la metropolitana. Mormoni e Testimoni di Geova son quasi fuorilegge, io guardo mia figlia di 18 mesi e penso, quando tocca a noi?». Nel tempo libero Dimitri, psicologo, percorre i campi lungo l’aeroporto internazionale di Volgograd, con il nome di Gumrak ultima pista tedesca a cadere a Stalingrado, 23 gennaio 1943: «Là aerei di tifosi festanti, qui guarda!, raccolgo ancora lattine arrugginite di razioni militari tedesche». Le preoccupazioni di Dimitri non sono condivise da due giovani cattolici, L. e G., parrocchiani alla Chiesa del Sacro Cuore di Samara, sconsacrata per 70 anni fino al 1991: «Portiamo i bambini a messa, poi in spiaggia sull’ansa del Volga. Putin ci dà stabilità, non perdi il posto come in America, durante la crisi 2008 ti tagliavano il 10% del salario, ma campavi. Se protesti, paghi caro, se no vivi in pace».
Il miglior cocktail
2362 chilometri a Ovest, nella roccaforte russa di Kaliningrad, il bar Harry Johnson serve il miglior cocktail Boulevardier al mondo (un Negroni con bourbon al posto del gin), ma se non avete l’indirizzo non lo riconoscerete, la porta sembra socchiusa: dentro due studenti gay si baciano, «qui possiamo farlo, il sindaco, lo facessimo al parco Yunost, ci arresterebbe». Avete votato Putin? «No certo, ma i nostri genitori di corsa!». «Ce l’avete con Putin voi americani – ride felice Vitaly, quando sente che arrivo da New York – io pure ho abitato là, 22 anni, facevo il barista al circolo di John Gotti, il padrino italiano. Ho vissuto a Miami, una moglie e due figlie ho lasciato in Florida, non danno il visto alla piccola, la grande la vedo in Lituania. Putin è il più forte, ha ripreso la Crimea, ha battuto i terroristi in Siria, mette da noi i missili Iskander, è amicone di Trump, che verrà a Mosca e il vostro premier Conte ci leverà le sanzioni dice la tv! Prendi la metropolitana a Mosca, un paradiso, ad Harlem puzza ovunque».
I post pericolosi
L’ex campione di scacchi Kasparov, in esilio a Manhattan, lega la popolarità di Putin al controllo delle tv, ma anche sui social media russi, come VKontakte, pur sorvegliati dall’occhiuta agenzia Roskomnadzor (RKN), il traffico pro Cremlino prevale. Dall’Estonia, il gruppo Vee Security offre algoritmi per aggirare la censura del Cremlino, solo nel 2017 sette cittadini russi arrestati per post contro il governo, ma non si intravedono proteste contro la corruzione, come quelle del ’17. In un grigio caffè dietro l’Università Eltsin, a Ekaterinburg, un anziano matematico recita statistiche dall’iPad: «Economia stabile. Inflazione minimi storici. Bilanci pubblici ok. Putin ha governato più a lungo di Breznev. Le sanzioni per la Crimea non lo frenano, bassa disoccupazione e pensioni sicure comprano consenso. Il Paese, un’economia più piccola dell’Italia, non crescerà, vive giusto di petrolio, ma ci si accontenta. Chi non si accontenta emigra, 100.000 russi ogni anno, 40.000 con in tasca titoli di studio superiori. Amo un verso della poetessa Marina Cvetaeva, lo conosce? “Preferiamo una menzogna confortante, a una ridda di verità quotidiane”».