la Repubblica, 27 giugno 2018
Fractoni e altre particelle, quante novità dall’universo
Hanno nomi esotici come fractone, barione nascosto, neutrino sterile. Sono le ultime particelle (in qualche caso si tratta addirittura di quasi- particelle, oggetti ancora più bizzarri) scoperte negli acceleratori sparsi ai quattro angoli del mondo e appena entrate a far parte della grande famiglia dei costituenti fondamentali della materia. La cui individuazione, per motivi opposti, sta riempiendo d’euforia la comunità scientifica: alcune confermano l’attendibilità e l’acutezza dei modelli attuali (in particolare del cosiddetto Modello standard, la summa delle ipotesi su natura e comportamento delle particelle), validandone le previsioni fino alla decima cifra decimale. Altre, invece, pur essendo incompatibili con le teorie preesistenti, indicano la strada da seguire per elaborare nuovi modelli. In entrambi i casi forniscono informazioni preziosissime per la comunità scientifica.
Una delle ultime entrate nella seconda categoria – le “pecore nere” della famiglia – è il cosiddetto neutrino sterile, che sarebbe stato appena individuato dai fisici dell’esperimento MiniBoo-Ne al Fermi National Laboratory di Chicago. Il condizionale è d’obbligo, dato che la particella, stando alle previsioni della teoria più in voga, non può esistere: si tratta, sostanzialmente, di un’entità estremamente solitaria, che non interagisce ( o lo fa molto poco) con la materia circostante e la cui esistenza, se confermata, «sancirebbe la fine del Modello standard», come hanno spiegato da Chicago, «e ci indicherebbe la strada verso un modello nuovo e migliore».In realtà, il Modello standard non è mai andato troppo d’accordo con i neutrini, particelle che secondo le equazioni non avrebbero dovuto avere massa ma che, bontà loro, una massa la possiedono, seppur piccolissima.
I “barioni nascosti” appena osservati, invece, fanno parte della prima classe: si tratta di entità che, pur essendo previste dalla teoria, non erano mai state viste. A riuscire nell’impresa, risolvendo così uno dei più grandi misteri dell’astrofisica, è stato un team guidato dall’italiano Fabrizio Nicastri, dell’Inaf di Roma, che ha appena individuato i barioni proprio là dove ci si aspettava che fossero, annidati nei lunghi filamenti di gas tra le galassie. Semplicemente, spiegano gli autori dello studio, erano troppo caldi per essere rilevati dagli strumenti ottici: per scoprirli è stato necessario analizzare i raggi X – una sorta di “radiografia” dell’Universo lontano – emessi da un quasar, un oggetto celeste lontanissimo.
Sono di difficile collocazione, invece, e ancora più singolari, i cosiddetti fractoni: si tratta di quasi- particelle ( ovvero entità teoriche descrivibili come se fossero particelle vere e proprie) scoperte sperimentalmente dai fisici della University of Colorado Boulder, che riescono a muoversi nel materiale in cui sono confinate solo se si trovano insieme a un “compagno”, mentre da sole restano completamente immobili.
Ci sono poi i ricercati speciali, le particelle che sfuggono alle ricerche: la taglia più alta è sulla testa del cosiddetto neutrino di Majorana, teorizzato nel 1937 da Ettore Majorana e ancora mai osservato sperimentalmente: «Se individuato, il neutrino di Majorana», spiega Antonio Masiero, vicepresidente dell’Istituto italiano di fisica nucleare e docente di fisica teorica all’Università di Padova, «potrebbe consentire di risolvere uno dei grandi problemi del Modello standard, ossia l’asimmetria tra materia e antimateria – quello che spiega perché le particelle di materia (esseri umani compresi) non sono state annichilate dalle loro controparti di antimateria». In altre parole, se esistiamo potrebbe essere grazie al neutrino di Majorana. Sarà bene trovarlo alla svelta.