la Repubblica, 27 giugno 2018
St. Vincent in concerto: «Dicevo: via i telefonini. Ora non lotto più»
La biometrica per misurare il livello di coinvolgimento emotivo del pubblico ai concerti. Con l’aiuto di St. Vincent: i suoi fan si sono offerti volontari per misurare, con l’elettroencefalogramma, la loro attività cerebrale durante l’esibizione. Il risultato dell’indagine Cisco per Live Nation presentata al Festival della Creatività di Cannes è che il 90 per cento del pubblico ha avuto una crescita dell’emotività tre volte superiore a quella ottenuta ascoltando la stessa musica in casa.
St. Vincent, al secolo Annie Clark, 35 anni, cantante, eccellente chitarrista, compositrice, vincitrice di un Grammy e esponente di punta dell’art rock, stasera al Magnolia di Milano l’unica data italiana, spiega così l’esperienza dei live: «Ho passato molto tempo pensando a quello che vuole la gente quando va a vedere uno show dal vivo. Credo voglia uscire dalla vita quotidiana, dai ritmi di lavoro, dallo stress di tutti i giorni. Quindi il mio lavoro come artista è quello di radunare tutti davanti a quel fuoco acceso che è la musica e portare tutti da un’altra parte. Non sono sicura di sapere che cosa significhi esattamente felicità. Ma quando parli del raggio delle emozioni umane che si provano durante uno show, certamente la felicità ne è parte. La cosa bella dell’arte è che ti permette di esplorare tutte le emozioni e la profondità dell’umanità, in un posto davvero sicuro. Puoi arrivare al precipizio e guardare gli abissi, ma sei sempre al sicuro».
Il pubblico oggi partecipa in maniera diversa ai concerti, ci sono migliaia di cellulari accesi, ma lei non se ne preoccupa: «Qualche anno fa ero ossessionata dall’idea dei social media e dal ruolo che giocano sulla nostra identità. Pensavo, rispetto ai concerti, che l’esperienza diretta andasse vissuta senza filtri e incoraggiavo il pubblico a mettere via gli smartphone.
Ma quello che ho capito è che se smetti di connetterti alla gente rischi di finire per diventare pedante. Così adesso non dico niente del genere, la gente deciderà di vivere il live nel modo in cui vuole e avrà comunque un’esperienza, soprattutto i più giovani che non pensano che si possa andare a un concerto senza lo smartphone. È così che loro si godono la vita, attraverso un’esperienza mediata. Quindi non è una battaglia che voglio fare, non penso nemmeno che sia una battaglia necessaria. Ma noto che dopo il picco di qualche tempo fa la gente usa di meno gli smartphone ai concerti. Non so se è un ritorno al passato o semplicemente che io faccio concerti migliori. Forse un po’ tutt’e due le cose».
Quelli di St. Vincent non sono mai soltanto “concerti”, piuttosto delle performance artistiche, concettuali, sempre diverse e sorprendenti: «Il mio precedente show era molto strutturato, come una pièce teatrale. C’era un primo e un secondo atto, in ordine cronologico, ogni piccolo dettaglio era stato immaginato prima di presentarlo in pubblico. Poi, però, l’ho portato in scena ed è cambiato da nazione a nazione, da città a città, a seconda dei periodi dell’anno. Allora ho pensato di cambiare tutto, adesso sono in scena con un’intera band, è un rock show ma la teatralità non manca».