Corriere della Sera, 26 giugno 2018
La grandezza di McCartney e gli ospiti che mancano alla tv italiana
La trasmissione che in questo momento ha più successo nel mondo dura poco più di venti minuti, è un lungo frammento, il Carpool Karaoke, tratto da The Late Late Show, il format di James Corden in onda sull’americana Cbs. Protagonista è Paul McCartney. Ci sono pochi commenti da fare, basta andare su YouTube. I due girano per le strade di Liverpool cantando alcune delle canzoni più famose dei Fab Four come Let It Be, Penny Lane e, ovviamente, Drive My Car. C’è un momento straordinario, ed è quando Paul, visitando la casa di famiglia, racconta un aneddoto. Aveva appena scritto con John Lennon She Loves You, voleva subito un parere da suo padre che se ne uscì con questa osservazione: «C’è troppo americanismo in giro, non potreste dire “yes, yes, yes” invece di “yeah”?».
Il viaggio si conclude con una visita a un pub dove Paul suonava da ragazzo con uno spettacolo esclusivo al quale prende parte anche lo stesso Corden sulle note di Hey Jude. I commenti che girano sono una lunga variante di queste due osservazioni: momento di grandissima tv e perché in Italia non riusciamo a fare cose simili? Davvero è così o l’erba del vicino ci pare sempre più bella? Se noi avessimo avuto i Beatles probabilmente oggi saremmo più evoluti sul piano dello spettacolo, ma non è questa una risposta. Tempo fa, ricordo che Arnaldo Greco, Scuola Holden, uno degli autori di Fabio Fazio, sosteneva (cito a memoria) che noi ci struggiamo perché non abbiamo i Letterman, i Fallon, i Kimmel, i Corden ma, in realtà, quello che ci manca sono gli ospiti.
Certo, con Paul McCartney anche Fazio ha fatto la sua figura. È vero, ogni artista invitato in uno show americano si prepara, si comporta da vero professionista, fa spettacolo a sé. Non abbiamo i divi, ma tra McCartney e il proporre ogni settimana Orietta Berti, Gigi Marzullo e Fabio Volo non esiste una via di mezzo?