Il Messaggero, 26 giugno 2018
Il concerto eroico di Jeff Beck a Ostia Antica, nonostante l’emorragia al naso
Un solo aggettivo per Jeff Beck: strepitoso. Domenica al Teatro Romano di Ostia Antica, nell’ambito di Rock in Roma, ha regalato un concerto di quelli che rimarranno nella storia, sua e dei 2500 presenti, facendo cantare la chitarra elettrica mentre un’emorragia al naso imbrattava strumento e vestiti. Doveva presentarsi sul palco alle 21. Dopo un’ora di attesa, l’annuncio: «L’artista ha avuto un leggero malessere». Era chiuso in camerino con i paramedici e ormai nessuno si aspettava più di vederlo. Alle 22.40 è comparso, si è scusato, ha minimizzato il problema fingendo di svenire e, al primo vibrare di corde, ogni ritardo era perdonato.
L’ESIBIZIONE Poche note e il sangue ha cominciato a scorrere copioso. Con una mano suonava e con l’altra si tamponava. Si appartava per prendere fazzoletti e infilarli nelle narici, lasciando gli assoli alla bassista Rhonda Smith e al batterista Vinnie Colaiuta, poi ritornava al centro, riprendeva in corsa i brani, inserendosi alla perfezione. Ad occhi chiusi, nemmeno ci si sarebbe accorti dell’accaduto (vietatissimi video e foto). Lui, l’ex Yardbirds dal tocco inimitabile che proprio domenica compiva 74 anni, è andato avanti così fino a mezzanotte, quando ormai sembrava un’opera vivente di Pollock con schizzi ematici ovunque, la Stratocaster bianca strisciata di scarlatto. Niente di grave, sta bene e continuerà il suo tour mondiale. Jimi Hendrix lo considerava il più grande chitarrista inglese vivente e la versione beckiana di Little Wing non si è fatta attendere, insieme ad altre cover, da A Day in the Life dei Beatles a A Change is Gonna Come di Sam Cooke, da Superstition di Stevie Wonder a I Have to Laugh di Otis Rush, oltre a brani di repertorio, il dialogo strumentale con la violoncellista Vanessa Freebairn-Smith sull’irlandese Mná na Éireann, la commovente Cause We’ Ve Ended As Lovers. Ogni tanto lo raggiungeva il cantante Jimmy Hall, dal soul impeccabile, ma poco aggiungeva. Beck ha nelle dita tecnica, gusto, espressività e melodia, la sua chitarra ha già una voce, è come il pupazzo di un ventriloquo. È stato uno spettacolo surreale per il pubblico, diviso fra estasi e preoccupazione. Chiunque al suo posto si sarebbe fermato e nessuno se la sarebbe sentita di rimproverarlo, invece lui ha concesso addirittura il bis, a sigillo di un’impresa eroica, quasi un sacrificio pagano all’altare del rock.
Senza esaltazione, senza far sentire il peso del gesto. Si è solo innamorato del luogo e della platea, ha detto. Felice di stare lassù, nel blues dipinto di rosso. Come avrebbe commentato un personaggio di Carlo Verdone, presente sugli spalti sin dall’inizio: un sacco bello.