La Stampa, 25 giugno 2018
La mia vita passata a collezionare figurine
Il primo album di figurine lo comprò all’edicola di San Felice sul Panaro, era il campionato 1972-73, quello delle immagini dei calciatori fotografati in azioni di gioco e di un introvabile Pierino Prati alla sua ultima stagione al Milan. Gianni Bellini allora non sapeva che quella raccolta, la prima di una serie sconfinata, era solo l’inizio di una passione che l’avrebbe portato a diventare il più grande collezionista al mondo, conteso dalle manifestazioni di settore, intervistato da Cnn e History Channel e coinvolto in un progetto che mira ad aprire un museo mondiale delle figurine in Svizzera, a Chiasso. Con una buona dose di autoironia, oggi riconosce che casa sua «somiglia a quella di Fantozzi quando la moglie Mariangela si innamora del panettiere e tutto l’appartamento si riempie di pane». Solo che in questo caso sono album e raccoglitori a colonizzare la sua villetta sotto il peso di 4mila raccolte e 1,6 milioni di figurine.
La febbre delle “figu”
Cinquantaquattro anni, operaio tipografo da quando ne aveva 14 nella stessa azienda di San Felice, Bellini all’inizio è stato contagiato dalla febbre delle “figu” come succedeva comunemente a moltissimi ragazzini della sua età nell’Italia dei primi Anni 70, anche se la vera malattia sarebbe scoppiata solo dopo l’adolescenza: «Facevo le mie raccolte andando a comprare le figurine dei calciatori in edicola, come tutti, da bambino. Poi dopo le medie sono andato subito a lavorare perché la scuola non mi piaceva. A 19 anni mi sono sposato e subito dopo il matrimonio è esplosa la passione vera: erano i primi Anni 80, ho scoperto che la Panini faceva edizioni anche all’estero, così ho cominciato a fare annunci sui giornali stranieri e di lì mi si è aperto davanti un mondo».
Nega che ci sia mai stato uno scopo economico: «Il vero collezionista compra e scambia, ma non vende, per me è pura e semplice passione ed è un pezzo fondamentale della mia vita. Spesso mi chiamano per fare delle mostre, ma più del semplice rimborso spese non ho mai chiesto». Semmai, dice lui, c’è da rimetterci, come gli capitò quando avvistò sulla bancarella di un mercatino il secondo album Panini, stagione calcistica 1962-63: «C’era ancora la lira, lo pagai due milioni». La svolta vera arriva nel 1983: «È allora che ho cominciato a collezionare su scala industriale e che ho cominciato a pensare che era impossibile che esistesse solo la Panini: così, attraverso gli annunci, ho scoperto molte altre case editrici all’estero». Anche in Paesi che mai ci si aspetterebbe: Afghanistan, Camerun, Papua Nuova Guinea, Sudafrica, Australia, sia pure in versioni diverse rispetto alle nostre, perché le cards del campionato australiano «sono sistemate in raccoglitori che permettono di vederle da entrambe le parti».
Ci sono voluti decenni e rapporti di corrispondenza intessuti pazientemente con centinaia di appassionati di mezzo mondo in tempi in cui internet e le email manco esistevano, ma alla fine lo scopo è stato raggiunto: «Secondo le mie informazioni, sono riuscito a entrare in possesso di tutto quello che è stato fatto come figurine di calcio nel mondo dal 1970 a oggi». In Albania, per esempio, è stato pubblicato soltanto un album, nel 2014, a scopo promozionale, e Bellini ovviamente ce l’ha. Il collezionista ha ogni cosa pubblicata dalla Panini nelle edizioni italiane e straniere: «Sono il loro archivio vivente, è capitato che si siano rivolti a me per avere informazioni su campionature uscite in Sudamerica, dove hanno una filiale».Come una mania che, parole sue, gli porta via «dalle quattro alle sei ore al giorno che si sommano al lavoro», si concili con la vita familiare – è sposato, ha una figlia di 35 anni e un nipotino di 7 -, ha del miracoloso: «Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ha sempre capito che è la mia passione e la mia vita. È dalla mia parte ed è importante. Quest’anno faremo una settimana di vacanza ad agosto perché è un periodo morto per la mia attività di collezionista, fra i Mondiali di calcio e settembre, quando si ricomincia».
Un impegno totalizzante
L’impegno infatti è totalizzante: «Ogni anno escono fra le 140 e le 160 nuove raccolte di calciatori, con 400 figurine per album in media. Me ne restano da attaccare ancora 400mila, ma dovrei starmene a casa senza vedere la luce per sei mesi per completarli. Fra tre anni vado in pensione, se non mi viene l’Alzheimer o il Parkinson lo farò…».
Il pezzo più raro? «Quello che deve ancora uscire», anche se lui è particolarmente affezionato a Mexico 70, il primo album della Panini sui Mondiali. Ha un sogno nel cassetto che potrebbe realizzarsi: «Fare il primo museo mondiale delle figurine. Sono stato contattato da un’agenzia di marketing del Canton Ticino che ha avuto l’idea di realizzarlo in un grande stabile a Chiasso: vogliono creare la città dello sport col museo delle figurine come elemento centrale. Andrò a parlarne il 26 giugno, metterei a disposizione il mio materiale per manifestazioni tematiche che verrebbero allestite a seconda degli eventi (Champions league, campionati nazionali, Mondiali, ndr), dunque non sarebbe una cosa statica. Potrebbe partire già fra un anno».