La Stampa, 25 giugno 2018
Quando lo spread vola non è colpa di chi specula
Non c’è una correlazione diretta tra le scommesse sul ribasso di Piazza Affari e l’aumento dello spread. Un dato che smonta gran parte della retorica sull’«attacco all’Italia» e sul «grande complotto» speculativo dei mercati contro il nostro Paese. Secondo i dati raccolti e elaborati da La Stampa, le scommesse al ribasso sono aumentate mentre lo spread calava, per poi diminuire tra 2015 e 2017, quando lo spread è tornato a salire. Questa tendenza si inverte però nel maggio scorso, quando crescono progressivamente le segnalazioni alla Consob di posizioni corte che raggiungono il picco il 18 del mese anticipando il balzo dello spread, che raggiunge l’apice il successivo 29 maggio. È il risultato più evidente di un’inchiesta condotta incrociando i dati di Consob e Borsa Italiana con le variazioni quotidiane dello spread dal 2012 in avanti.
Attacco e debolezza
Una tendenza generale opposta alle teorie che vorrebbero la speculazione al ribasso tra le cause dell’aumento dello spread. Almeno fino a maggio, quando l’incertezza politica seguita alle elezioni ha portato un numero crescente di hedge fund, in prevalenza inglesi e americani, a scommettere sul ribasso di Piazza Affari, che aveva toccato i suoi massimi storici proprio a ridosso della tornata elettorale. Anticipando – e in qualche misura favorendo – la crescita dello spread e il calo dei prezzi dei Btp.
Il perché è forse nelle parole del numero uno di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, che in una recente intervista ha spiegato come «il rischio del debito sovrano ha rimpiazzato l’esposizione bancaria come maggiore fattore di rischio globale». E che dunque l’Italia, con il suo enorme debito pubblico, rappresenta «la minaccia maggiore».
Banche e Btp
Le scommesse sul ribasso dei titoli quotati a Piazza Affari – posizioni corte o short, in gergo – sono infatti utilizzate come «proxi» delle scommesse contro l’Italia. Venerdì valevano quasi quattro miliardi, in lieve crescita dal 30 maggio quando erano pari a 3,8 miliardi. «Se si ritiene che il prezzo dei Btp scenderà, «shortare» (scommettere sul ribasso, ndr) di un pacchetto di titoli bancari consente in sintesi di realizzare grandi guadagni con somme relativamente piccole» spiega un trader. E di certo molto più piccole di quelle necessarie per effettuare la stessa operazione vendendo Btp (titoli di Stato, ndr). Così come se si ritiene che l’economia è destinata a rallentare, la scommessa è sui titoli del cemento, delle costruzioni o delle vendite al dettaglio.
Per questo, il dato che emerge dall’inchiesta de La Stampa – seppur parziale, dato che l’obbligo di segnalazione scatta solo oltre lo 0,5% del capitale – è controintuitivo. La possibile spiegazione, dice il gestore italiano di un hedge fund basato a Londra, può essere che «negli anni scorsi ci si è concentrati sugli Npl (crediti deteriorati, ndr) delle banche più che sul loro portafoglio di Btp», messo in sicurezza dagli acquisti di titoli della Banca Centrale Europea. Non è l’unica sorpresa. Il fondo che in questi sei anni è stato più attivo nelle scommesse contro i titoli di Piazza Affari non è tra i grandi nomi degli «speculatori» internazionali. Si chiama Marshall Wace, è basato a Londra e nel periodo esaminato, che coincide con l’avvio dell’obbligo di segnalazione alla Consob delle posizioni corte, ha effettuato quasi 2400 segnalazioni, circa il doppio del secondo – Aqr Capital – a sua volta tre volte più attivo del terzo, Oxford Am.
Marshall Wace, che non ha uffici a Milano e segue il mercato italiano con un team basato a Londra, interpellato sulle ragioni di questo attivismo fa sapere di non poter commentare in quanto per le scelte d’investimento «vengono utilizzate strategie sia fondamentali che sistematiche». Le prime guardano ai valori fondamentali di un titolo o di un mercato, le seconde comprendono le strategie che utilizzano, in tutto o in parte, il trading algoritmico e le operazioni automatiche. La società di gestione dei fondi Marshall Wace è partecipata al 30% da Kkr, fondo d’investimento americano tra i più grandi del mondo. Il suo cofondatore, Henry Kravis – un mito della finanza mondiale -, intervistato da questo giornale qualche giorno fa ha detto che l’Italia «deve rimboccarsi le maniche» e non «aspettare che i suoi problemi vengano risolti da altri». La scommessa di Marshall Wace sul ribasso di Piazza Affari valeva venerdì scorso oltre 400 milioni di euro, concentrata su titoli bancari e finanziari.
La maxi-puntata
Il primatista per l’entità della scommessa è invece ancora il fondo americano Bridgewater. Nel febbraio scorso aveva fatto un certo scalpore la notizia che Bridgewater aveva aperto una serie di short su titoli italiani, per un controvalore di circa due miliardi di euro. Complice il calo del mercato italiano e la riduzione di una parte di queste scommesse, venerdì valeva ancora 1,4 miliardi di euro ma era in gran parte lì, su Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali, ma anche Eni ed Enel, l’esposizione maggiore, e su una serie di titoli più piccoli tanto finanziari che industriali. «Si tratta di un unico investimento, costruito da un broker per conto del fondo alla fine dell’anno scorso, che con una serie di prodotti ha permesso a Bridgewater di prendere questa posizione con un investimento molto minore», spiega un broker concorrente. Una decisione d’investimento massiccia, presa per la debolezza dell’Italia e per la corsa di Piazza Affari durante il Qe della Bce.
Anche perché fino al 2018 Bridgewater, uno dei principali hedge fund del mondo, era relativamente poco presente a Piazza Affari: per lui «solo» 128 segnalazioni complessive nel database Consob.
Finanziari, i più tartassati
Che l’incertezza dell’ultimo periodo, legata anche alla formazione del nuovo governo, sia stata un fattore determinante nelle scelte degli hedge fund lo dimostra anche la classifica dei titoli più venduti. Il 30 maggio scorso i primi quattro titoli per percentuale di capitale coinvolto erano tutti bancari e finanziari: Azimut, Banco Bpm, Ubi Banca e Bper. Guardando indietro la tendenza della «scommessa» contro banche e finanziari è comunque confermata: tre sui primi quattro titoli più venduti per numero di segnalazioni sono Unicredit, Banco Bpm e Ubi. Mentre al primo posto c’è Fca che a oggi non risulta invece venduta allo scoperto.La scommessa più grande su un singolo titolo, tra quelle attualmente attive a Piazza Affari, è invece su un titolo che non c’entra nulla con la finanza ma c’entra molto invece con gli equilibri della geopolitica. Si tratta di Tenaris,colosso dell’acciaio per il quale Aqr Capital ha scommesso al ribasso per l’ammontare di circa 350 milioni di euro.«Qui il tema sono ovviamente i dazi di Trump sull’acciaio», spiega il trader.
Certo, per completezza ci sarebbe da considerare le scommesse al ribasso fatte direttamente sui titoli di Stato. Un mercato enorme, per il quale data la complessità degli strumenti utilizzati è difficile anche fare stime. Eppure, sarebbe un dato utile per la trasparenza dei mercati.
Cambio delle regole
La spiegazione del perché non sia possibile l’ha data il presidente di Consob, Mario Nava, lo scorso 11 giugno. L’obbligo di segnalazione oltre la soglia dello 0,5% vale per tutti gli strumenti finanziari e dunque anche per i Btp. Ma con 2.300 miliardi di debito pubblico, lo 0,5% ponderato per la durata dei titoli vale 51 miliardi di euro. Troppo, anche per il più grande degli hedge fund. La revisione di quello 0,5%, ha spiegato Nava, è oggetto di «discussione con Banca d’Italia e Ministero delle Finanze, poi bisognerà portarla all’Esma e in sede di Commissione europea. Bisogna fare un cambio legislativo o almeno regolamentare ma credo che ci sia una certa apertura a discutere». In attesa della prossima crisi.