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 2018  giugno 25 Lunedì calendario

Danni, incendi e piani di rivolte: caos nel carcere di Sassari, la Guantanamo italiana

Fu quando un detenuto della sezione «Alta Sicurezza 2» si portò l’indice destro alla gola e fece il gesto di reciderla, guardando fisso negli occhi un agente, che divenne chiaro che nel carcere di Bancali, a Sassari, quello che avevano preconizzato i Servizi segreti e gli 007 del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria stava già accadendo. I jihadisti della struttura penitenziaria sarda sono diventati un problema di ordine pubblico nella piccola monarchia che regola la vita dietro le sbarre. Sono circa una trentina, i terroristi «AS2», e vivono più reclusi dei reclusi: non possono pregare assieme e non hanno modo di fare socialità con i detenuti comuni, musulmani o meno che siano. «C’è da evitare il virus del proselitismo che è molto più forte con chi è in una situazione di debolezza psicologica», dice un investigatore al Giornale.
Appena qualche giorno fa, un sospetto jihadista (a Bancali e a Rossano Calabro sono destinati quasi tutti gli indagati e i condannati per fatti di terrorismo di matrice islamica avvenuti in Italia) ha cercato di distruggere gli interni della cella, e solo per mancanza di tempo non è stato in grado di completare l’opera. Il vandalismo è la forma di aggressione più comune in situazioni del genere: non potendo sgozzare le persone, sgozzano le cose. Porte divelte e materassi smembrati sono danni collaterali quasi calcolati, da queste parti. Ci sono stati anche due tentativi di incendi domati dall’arrivo degli agenti, e qualcuno giura che ogni tanto risuonino inni di guerra santa lungo i corridoi. Il rischio Isis nelle carceri è ben noto all’intelligence e al Dipartimento, e non solo per il caso di Bancali. Alcuni terroristi sono stati intercettati, con i microspie nelle celle, mentre discutono di rivolte da organizzare e di lame da affilare per accoltellare gli uomini in divisa. Le conversazioni sono state trascritte in diverse informative.
Gli unici ad aver intuito il potenziale esplosivo di Bancali sono i sindacati di categoria che tempestano di segnalazioni il ministero della Giustizia. Una delle ultime riguarda un imam che ha sfondato a mani nude l’area di pernottamento.
«Il Dipartimento deve andare ad integrare quanto prima le figure di comando iniziando da commissari con provata esperienza – denuncia il delegato nazionale Sappe Antonio Cannas -. Ci sono tre ispettori e appena sei sovrintendenti, peraltro tutti i giorni impiegati nelle videoconferenze dei detenuti a regime del 41bis». Il risultato è che l’intero istituto è lasciato alla responsabilità degli assistenti capo. C’è poi un’altra grana che concorre a rendere tutto meno fluido nella gestione delle criticità. È ancora Cannas a parlare: «Serve un direttore che si occupi solamente di Bancali e non, come avviene adesso, pure della complessa casa circondariale di Nuoro». La guerra al terrorismo non può essere part-time.