il Giornale, 25 giugno 2018
Quante bugie di scorta su Saviano
Uno dei migliori poliziotti italiani, ovunque stimatissimo e all’epoca capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, a ragion veduta e con dati certi affermò che Saviano non correva rischi reali più di quanto potesse correre ogni altro giornalista che scriveva articoli di prima mano (non di seconda, come Saviano) sulla camorra. Le considerazioni di Pisani non erano politiche ma tecniche. Non c’è un diritto senza riscontri alla scorta. Il discorso era chiaro, ma la falsa indignazione e la retorica prevalsero. «A noi della Mobile fu data la delega per riscontrare quel che Saviano aveva raccontato a proposito delle minacce ricevute. Dopo gli accertamenti demmo parere negativo sull’assegnazione della scorta». Pisani aggiunse: «Faccio anticamorra dal 1991. Ho arrestato centinaia di delinquenti. Ho scritto, testimoniato... Beh, giro per la città con mia moglie e con i miei figli, senza scorta. Resto perplesso quando vedo scortate persone che hanno fatto meno di tantissimi poliziotti, carabinieri, magistrati e giornalisti che combattono la camorra da anni. Non ho mai chiesto una scorta». Saviano ha rappresentato la vita sotto scorta come una dolorosa costrizione. Un’assoluta bugia. Pisani, che aveva osato mettere in discussione i rischi eventuali di un intoccabile, si trovò al centro di un’indagine giudiziaria, fu costretto a lasciare Napoli per essere poi riabilitato e assolto dopo le dichiarazioni calunniose di un collaboratore di giustizia.