Il Messaggero, 25 giugno 2018
Pamplona, a rischio i tori di Hemingway
«A Pamplona, città soleggiata di muri bianchi, ai piedi dei Pirenei, si celebrano tutti gli anni durante la prima quindicina di luglio le corride più importanti. Ci vengono i fan dei tori da tutta la Spagna. Gli hotel raddoppiano i prezzi ed è difficile trovare alloggio. I caffè hanno i tavoli pieni di gente, sotto gli ampi portali che circondano la piazza della Costituzione, e in ognuno spicca il tipico cappello cordovese, il basco scuro della Navarra e del Paese Basco, e il Panamá di paglia madrileño». Nella sua corrispondenza per il Toronto Star Weekley, del 27 ottobre del 1923, Ernest Hemingway non avrebbe mai potuto immaginare che, quasi un secolo dopo, la celebre Fiesta dei Sanfermines (san Firmino) rischia di restare senza corride.
LO SCONTRO
A pochi giorni dal chupinazo, il lancio del razzo dal balcone municipale, che il 6 luglio segna l’inizio de los encierros – le celebri corse davanti ai tori dei corridori vestiti di bianco e coi fazzoletti rossi al collo – il mondo della tauromachia è sceso sul piede di guerra contro il sindaco di Pamplona, Joseba Asirón, del partito radicale basco EH Bildu. Animalista convinto, il primo cittadino ha paventato la possibilità di eliminare i combattimenti pomeridiani nell’arena di Pamplona, dove i bestioni terminano nei recinti, dopo le corse nelle stradine del centro storico, e che quest’anno hanno in cartellone matador emblematici come El Juli.
«Non vedo nel futuro Sanfermines al cento per cento senza tori, ma sì a medio termine, senza corride, perché nessuno immagina un divertimento basato sulla sofferenza degli animali», ha dichiarato Joseba Asirón, disposto a conservare le sole corse come «segno di identità di Pamplona». L’alcalde ha annunciato l’avvio di un dibattito che culminerà con il divieto delle corride, sull’esempio della Plaza de toros di Barcellona e dell’intera Catalogna, che le ha abolite dopo un referendum. E tanto è bastato perché gli allevatori e le associazioni che rappresentano «la totalità del settore taurino» andassero allo scontro a testa bassa e corna puntate, con la minaccia di boicottare los encierros, tenendo i tori chiusi negli allevamenti. «Non esiste la possibilità di celebrare le corse senza corride di tori a Pamplona», hanno avvertito in una lettera aperta. L’intera Unione degli allevatori dei tori da lidia in Spagna, che in un manifesto esige al primo cittadino di EH Bildu di ritrattare. Ma il braccio di ferro non è finito. Nella sua risposta, il sindaco ha sostenuto che, pur essendo «molto rispettabile la loro opinione», è «del tutto evidente che c’è un dibattito sociale aperto sulle corride anche a Pamplona», la patria de los toros per antonomasia. Poi, però, davanti alla minaccia di boicottaggio, è stato costretto a riconoscere che «obiettivamente oggi nessuno concepisce Sanfermines senza la presenza del toro». E a promettere che «per ora non ci saranno cambiamenti». L’uscita di Asirón, che insiste sulla necessità di distinguere gli encierros dalle corride, è avvenuta nel clima di tensione che già da anni precede l’inizio della Fiesta. Con il sabotaggio, nei giorni scorsi, delle infrastrutture per l’allestimento del circuito destinato alle corse dei miura da parte di movimenti animalisti. A essere stato preso di mira, fra l’altro, l’allevamento Corrales del Gas, dove è stato appiccato il fuoco a una piattaforma elevatrice impiegata per il trasferimento dei bestioni da lidia, della stazza media di 350 chili. Attacchi condannati dal municipio, che ha sottoscritto un manifesto che reclama «rispetto e appoggio» a San Firmino. Ma che tuttavia i gruppi comunali di Podemos e del partito di sinistra Izquierda si sono rifiutati di sottoscrivere. Il tutto mentre AnimaNaturalis, il movimento protagonista dell’ormai consueta performance di corpi seminudi e insanguinati, che precede la festa, dopo aver rivendicato gli atti di sabotaggio, ha inondato la città con 10mila volantini che reclamano la fine della sofferenza dei tori. E un modello simile a quello adottato alle Isole Baleari, con combattimenti alla portoghese, senza la morte dell’animale o l’impiego di banderillas per sfiancarlo e vincerne la resistenza.
LE MOBILITAZIONI
Come se non bastasse, nel clima surriscaldato, sono state annunciate anche per il giorno del chupinazo mobilitazioni di massa, sull’onda dell’indignazione provocata dalla messa in libertà provvisoria dei cinque del branco – la manada – autori dello stupro di gruppo durante i Sanfermines di due anni fa di una ventenne madrileña. Condannati nell’aprile scorso a 9 anni per il solo reato di abuso sessuale, ora torneranno a piede libero, in attesa dell’Appello, dietro pagamento di una cauzione di seimila euro a testa.
Sebbene non sia facile risalire con certezza all’origine, la tradizione delle corride a Pamplona è documentata almeno dal XV secolo. Ma è in progressivo declino, mentre Il fronte anti-taurino va inesorabilmente crescendo. Il 58% degli spagnoli sarebbe disposto a rinunciare alle corride, mentre gli aficionados incondizionati sono solo il 19%, secondo gli ultimi sondaggi. Si capisce perché alcuni comuni, come quello di Madrid, al pari di quelli di altre città guidate dal 2015 da Podemos, come Valencia, abbiano tagliato le sovvenzioni al settore, pur senza arrivare alla messa al bando. Un anno fa il fronte anti-taurino è riuscito a segnare un importante successo, ottenendo la fine della secolare uccisione con le lance del toro de La Vega, a Tordesilla. Ma corse con i tori e combattimenti restano i protagonisti delle Fiestas estive anche nei paesini più remoti della penisola. Si calcola un business di 1,6 miliardi di euro e 200mila posti di lavoro, con un impatto di 74 milioni di euro solo a Pamplona, secondo uno studio dell’Università dell’Estremadura. Un giro che motiva a conservare l’usanza più delle romantiche descrizioni hemingwayane. «Agli amanti della tauromachia è consentito di lottare con l’animale, ma senza armi; è un’opportunità che Pamplona concede loro durante le feste di San Fermin, e la tradizione pamplonese consente di lasciare i tori correre per la città, prima di dirigersi al recinto dell’arena, dove restano fino al pomeriggio, quando entrano nella plaza, per morire» Cronache che potrebbero ora essere relegate alla storia.