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 2018  giugno 24 Domenica calendario

Terreni riconvertiti e lavoro le “ carte” di Di Maio sull’Ilva

Un colpo d’acceleratore sugli interventi ambientali, con il completamento entro il 2021 di quelli nei settori “di marcia” della fabbrica. La messa a disposizione per attività ecosostenibili delle decine di ettari di terreno non necessari alla produzione siderurgica ( dunque una parziale riconversione). L’impegno nero su bianco a dispiegare le risorse del centro di ricerca di Gand per lo studio di ogni tecnologia anti-inquinamento.
Il vicepremier e ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha calato sul tavolo tutte le carte per giocare la partita Ilva e la settimana entrante potrebbe essere quella della svolta. Un puzzle di soluzioni a cui stanno lavorando i tecnici del ministero e che consentirebbe a Di Maio di uscire dall’angolo: il cul de sac nel quale lo hanno infilato le promesse elettorali sulla chiusura dello stabilimento; il contratto di governo che prefigura la «riconversione economica»; le aspettative dei sindacati e degli operai aggrappati con le unghie ai 14mila posti di lavoro; quelle delle famiglie di Taranto ( e degli ambientalisti) schierate contro la fabbrica dei veleni; gli accordi incassati con il precedente governo da ArcelorMittal, potenziale acquirente dell’azienda italiana (e del maggiore impianto europeo per la produzione di acciaio, Taranto appunto). Di Maio domani vedrà i tre commissari dell’Ilva, Gnudi, Laghi e Carrubba, ai quali chiederà innanzitutto la praticabilità di un tempo supplementare per identificare la «soluzione condivisa» promessa a tutte le parti incontrate nei giorni scorsi. Quella condivisione che ha di fatto tolto dal tavolo l’opzione estrema della chiusura dell’impianto.
Si va dall’ipotesi di una proroga di tre mesi della gestione commissariale, alla possibilità che sia ArcelorMittal a concedere qualche settimana in più al governo rispetto al 30 giugno quando scadrà il termine per la cessione: il colosso indoeuropeo ha fatto trapelare l’intenzione di voler entrare in azienda già il primo luglio, anche in assenza di un accordo con i sindacati, ma nelle ultime ore è emersa la disponibilità a non fossilizzarsi sulla scadenza di sabato prossimo. A quanto risulta, d’altro canto, i commissari sarebbero nelle condizioni di tirare ancora avanti non più di un paio di mesi con le attuali disponibilità di cassa per pagare stipendi e fornitori. Il piano di ArcelorMittal prevede investimenti ambientali per oltre un miliardo ( ai quali se ne aggiungono 1,08 derivanti dalla transazione Riva), 1,2 miliardi di investimenti industriali e 1,8 per l’acquisto. E sempre a proposito dell’ambiente, il cantiere per la copertura del “parco minerali” (l’opera più rilevante) è già avviato e Di Maio potrebbe dunque intestarsene l’inaugurazione nel giro di due anni (durata del governo permettendo).
A tutt’oggi i tasselli più complicati da collocare nel puzzle sono il ricorso al Tar della Regione Puglia contro il piano ambientale e, soprattutto, il confronto ancora in salita tra ArcelorMittal e i sindacati. In ballo non ci sarebbero tanto i numeri relativi all’occupazione – visto che tra assunzioni garantite, uscite incentivate, esternalizzazioni e turn-over, le distanze tra le parti sarebbero minime – quanto piuttosto la questione della continuità aziendale: ArcelorMittal, per scongiurare il rischio di trovarsi coinvolta in procedure sugli aiuti di Stato girati alle precedenti proprietà di Ilva, punta alla discontinuità e propone ai sindacati di fissare le garanzie per i lavoratori nell’accordo sindacale. Fiom- Film- Uil, invece, non vogliono rinunciare alle norme sui trasferimenti di azienda che fissano per legge la continuità di ogni diritto e condizione del lavoratore. Sta di fatto che se Arcelor-Mittal dovesse davvero entrare in azienda senza l’ok dei sindacati, la tensione sociale a Taranto sarebbe destinata inevitabilmente a salire.